Lei (Keira Knightley), lui (Sam Worthington), l'altro (Guillaume Canet) e l'altra (Eva Mendes): triangolo a quattro lati per la scorsa - l'ultima? - notte. E' Last Night di Massy Tadjedin, scelto per aprire in concorso la quinta edizione del Festival di Roma.
Siamo dalle parti di Closer, ma infinitamente più lontani: palesi deficienze di verosimiglianza e smaccati ammiccamenti al succitato film di Mike Nichols rendono questa copia poco conforme - vedi la Knightley che cammina tra la folla nel sottofinale: un calco! - un terreno abbastanza arido, con sparuti fiorellini affidati a qualche battuta indovinata. Peccato? Insomma, se la freelance e scrittrice Knightley è tutta smorfie e mossettine, ma - almeno per chi scrive - ha fascino e sensualità tali che le si perdona tutto, viceversa Worthington, restauratore di capannoni, supplica di tornare su Avatar e la sua collega Eva Mendes è lato B e poco altro: più sfumato, viceversa, il discorso su Canet, nel film anche lui scrittore, che alterna sorrisini sexy alla Patrick Dempsey (Grey's Anatomy) a posture da impiegato postale.
Poi, c'è la storia, se così si può chiamare: un lato, quello meno charmant e più muscolare, del quadrato adulterino va al sodo, l'altro anela l'amore (forse?) e trova le lacrime, ma non si consuma. In ogni caso, si tradisce, in primis la fiducia dello spettatore: film solipsistisco senza essere raziocinante, Last Night elogia gli happy few anche quando sembra scavare sotto i loro piedi. Ma se la terra trema, pure l'occhio vacilla. Anzi, barcolla.