Pecunia non olet? 60enne, ricco sfondato, Richard Gere ha una bella famiglia (Susan Sarandon, Brit Marling), una bellissima amante (Laetitia Casta) e New York ai suoi piedi. Ma ha anche un buco da 400 milioni: l'unica salvezza è vendere al più presto la propria società a una grande banca d'affari, riuscirà? Non bastasse, arriva anche il sangue, e il detective Tim Roth indaga.
Opera prima dello scrittore Nicholas Jarecki, è La frode (Arbitrage), un thriller finanziario formato famiglia: il cast c'è, e non è proprio da buttare (Gere in forma come non mai negli ultimi anni), l'attualità è scottante, tuttavia, più di qualcosa non funziona. Il problema non è la storia, ma il racconto: il “neofita” Jarecki non sa dirigere, rimane attaccato alla storia limitandosi a illustrarla con poca originalità, senza incidere mai in un'inquadratura, una scena, un taglio di montaggio.
Già, nonostante lo skyline della Grande Mela, i loft arditi e le penthouse da brividi, La frode è un film piatto, omogeneo, troppo, tanto che il bassorilievo drammaturgico fa un cattivo servizio all'Idea: la grande borghesia, finanziaria e non solo, non conosce alcuna legge e può “perire” solo di lotte intestine. Appunto, affari di famiglia, “bambine” da non deludere: sulla testa del Robert Miller di Richard Gere incombe la spada di Damocle di moglie e figlia, sulle nostre palpebre un po' di sonno. La frode o la fiacca?