Il pubblico ministero Jeanne Charmant Killmann (l'ordinaria straordinaria Isabelle Huppert) è incaricata delle indagini su un complesso caso di concussione e appropriazione indebita che coinvolge un importante gruppo industriale e l'establishment politico-economico francese. Sola contro tutti, anche contro se stessa, il giudice dovrà confrontarsi con l'ebbrezza del potere (L'ivresse du puvoir, il titolo originale) e il conseguente delirio - meccanico, compassato - di onnipotenza. Claude Chabrol ritorna a fare Claude Chabrol, senza infamia né lode, inquadrando il consueto milieu alto-borghese e stigmatizzando le leggi che ne governano dinamiche e gerarchie più o meno recondite. Sguardo lucido e camera crudele, il regista francese indugia però nella didascalia (la scena dell'anello tra moglie e marito tra cui mette la macchina da presa…) e ambisce al paradigma, dimenticandosi del fuoricampo sociale. Rifugge il manicheismo, ma fotografa un grigio moralmente indifferenziato. E risolve il tutto in un pessimismo trito: così va il mondo. Rinviato a giudizio.