Justin è un ragazzo con i capelli rossi che vive in un grigio regno governato dagli avvocati e dagli esperti di diritto, dove i leggendari cavalieri del passato sono stati messi fuori legge ed esiliati. Il padre, consigliere della regina, vorrebbe che Justin seguisse le sue orme cimentandosi nello studio della giurisprudenza. Ma il giovane ha un sogno: diventare un grande cavaliere come il nonno Sir Roland. Per questo, incoraggiato dalla nonna, intraprende un viaggio avventuroso alla scoperta di se stesso. Incontrerà molti personaggi, a volte buffi e meschini, come lo spaccone Sir Clorex o il viscido Sota (doppiati nella versione originale da Antonio Banderas, produttore del film, e da Rupert Everett), a volte saggi e valorosi, come i tre monaci-cavalieri che tenteranno di istruirlo, per essere messo alla fine di fronte alle prove della vita. Dovrà essere in grado di ricucire il rapporto con il padre, capire qual è il vero amore (la bella, ricca e frivola Lara o l'esuberante, caparbia e coraggiosa Talia, doppiata da Saoirse Ronan?) e soprattutto affrontare il crudele Heraclio, l'anziano cavaliere cattivo che vuole riconquistare sanguinosamente il regno dei burocrati e che tempo prima ha ucciso il nonno di Justin.
Ambiziosa produzione spagnola, Justin e i cavalieri valorosi è il frutto del lavoro di quattro anni svolto da 150 professionisti sotto la supervisione di Manuel Sicilia, fondatore dello studio di animazione Kandor di Granada e già autore del lungometraggio animato El lince perdido. Nonostante la buona qualità tecnica dell'animazione, un cast artistico e tecnico importante (oltre alla voce di Justin affidata a Freddie Highmore, tra i doppiatori si possono ancora citare Mark Strong, Alfred Molina e Julie Walters; le musiche sono di Ilan Eshkeri), e l'evidente buona volontà profusa nella realizzazione di tutta l'opera, perlomeno inusuale in un prodotto d'animazione “mediterraneo”, il film incontra dei grossi limiti. Nell'impianto e nel ritmo narrativo, che fatica a trovare una certa fluidità (Matthew Jacobs, già autore della sceneggiatura dello spassosissimo Le follie dell'imperatore e qui coautore dello script insieme al regista, non sembra molto in forma), nella scarsa originalità dei personaggi (forse si salva Sota, cattivo con il pallino della moda il cui motto è “Potere e stile!”) e nelle poche trovate davvero divertenti. Può andar bene per i più piccini, ma gli spettatori adulti, abituati a ben altri standard narrativi in film d'animazione giocati su tanti livelli di lettura e di fruizione, rischiano di annoiarsi.