"Così chiami le scappatelle con il tuo amante?". Questa è la risposta che Nira si sente dare alla sua richiesta per una visita ginecologica dopo essere stata stuprata. Anche la sua famiglia non è d'aiuto, preferiscono non parlare di una vergogna del genere, sicuramente mal vista nella società israeliana dove vive. Vent'anni dopo Nira si ritrova a essere una madre, con un lavoro e una vita che nonostante tutto va avanti. Ma il volto di una donna che sente di conoscere la scuote nel profondo, riporta alla luce qualcosa che aveva solo nascosto da qualche parte del suo subconscio: la voglia di fare luce sul suo passato.
Invisible di Michal Aviad è proprio il frutto di questa ricerca: a metà tra film e documentario, descrive le ricerche fatte dalla regista sullo stupratore seriale che nel 1987 a Tel Aviv aveva abusato di lei e di diverse altre ragazze, lasciando in ognuna un senso di vuoto che si sarebbero trascinate per tutta una vita, destinato prima o poi a implodere. È la storia di donne forti in una società maschilista e dalla morale antica come la religione che la permea; donne la cui indipendenza è a un passo dallo sfociare nella solitudine che la folla intorno a loro costruisce col silenzio. Ma la loro forza sta proprio in questo: nel fare dell'orrore subìto un punto di partenza e non di arrivo, con la presa di coscienza che nel mondo milioni di donne subiscono violenze di ogni tipo. Tra le scene recitate dalle attrici, Michal Aviad inserisce dei filmati televisivi dell'epoca, e delle testimonianze attuali delle altre vittime, facendo del suo film allo stesso tempo un fine, sfogando la sua rabbia e il suo dolore, e un mezzo, raccontando e denunciando.