19 anni dopo, è ancora Indy. Una delle saghe di maggior successo della storia del cinema ritorna per volontà di Harrison Ford, che ha strappato l'assenso di Spielberg e Lucas. Sulla scia del secondo (Il tempio maledetto) e terzo capitolo (L'ultima crociata), Il Regno del Teschio di Cristallo promette di sbancare il box office globale: sì, perché funziona. Innanzitutto, funziona Ford, invecchiato, arrugginito ma ancora capace di tenersi ben saldo il cappello in testa: il finale - ottimo - lascia intendere che Indy morirà con lui, per fortuna, con buona pace del "figliolo" Shia LaBeouf, che non riesce mai a rubargli la scena - come Spielberg sottolinea divertito. Se Cate Blanchett troneggia in tuta, Karen Allen ricorda l'amor che fou e John Hurt veste a pennello la parte dello studioso rimbambito, a occupare la scena è l'immaginario di Spielberg, che ironizza su capitalismo e Guerra Fredda, fa esplodere l'atomica e implodere la paternità, resuscita E.T. e insegue i Maya, sempre con un occhio fisso sull'orologio. Sì, perché - come dice Indy - dopo averti dato tanto, ora il tempo toglie, senza chiedere: affetti, energie, in breve, giovinezza. Ma prima del gong, un ultimo colpo di frusta.