Non è una Corazzata, ma una trireme greca, eppure, rimane una boiata: mitologica!
Dai produttori (Gianni Nunnari e Mark Canton) del già sopravvalutato 300, che al confronto è Kubrick, l'ennesimo excursus nella mitologia ellenica, rinforzato di 3D e CGI: è Immortals, diretto dall'”indiano d'America” Tarsem Singh e scritto dai due fratelli greco-statunitensi - si direbbe statunitensi-statunitensi… -  Charles e Vlas Parlapanides, che la materia Olimpica la conoscono, come no.
Comunque, Teseo (Henry Cavill) ha una mamma di dubbia fama e rimedia portandosi a letto l'oracolo Freda (Freida Pinto), ben lieta di barattare le visioni un tanto al chilo con carne e ossa… Per il resto, gonfia i pettorali, mena le mani, combatte il Minotuaro, mentre il malvagio Re Iperione (Mickey Rourke, tristezza vederlo ridotto così) è l'antagonista e rispetto a 300 sfoggia qualcosa di nuovo: là Serse prediligeva il queer, qui la mise è sadomaso da battaglia, con un'aura morbosetta, un filo BDSM e un po' justiniana (femminili muggiti di sadiana memoria...).
Non bastasse, c'è Zeus uno - giovane è Luke Evans - e bino - vecchio, John Hurt - ma ineluttabilmente incolore, mentre a salvarsi è il solo Stephen Dorff, che pure parrebbe rimpiangere Somewhere o qualsiasi altro posto. Il resto? Bene versus Male, of course, con sincretismo e ucronia - si straparla di libero arbitrio, sigh - a foraggiare i soliti scontri di civiltà, manco ci fosse ancora Reagan o, che ne so, un Bush qualsiasi: è un biscotto idrogenato e insipido questo Immortals, buono da inzuppare nel Tea Party delle 5 e altri ideologici “noi meglio di loro, noi contro loro”.
Tra cartapesta in CGI e un 3D che se ne accorge soprattutto il biglietto, sull'altare “dei, patria e famiglia” si sacrifica Grecia Antica e credibilità contemporanea. Ma, tranquilli, lo diceva già Eraclito (o chi per lui): Panta rei