Una villa immersa nei boschi. Tra passeggiate rigeneranti e inquietanti bende, infermiere-veline e "purghette", un manipolo di disperati "lifting addicted" trascorre le proprie giornate. Il dottor René (Alessandro Preziosi) è il guru della clinica, sua moglie Bella (Laura Chiatti) la conduttrice di un popolare show televisivo sulla chirurgia estetica. Proprio lei, non più gradita allo sponsor della trasmissione, viene prima licenziata poi costretta ad una lunga degenza in seguito ad un brutale incidente automobilistico, causato involontariamente da Tru Tru (Lino Guanciale), operaio della villa. "Volto sfigurato", la versione ufficiale: ma dietro quelle bende si nasconde l'inganno con cui provare a rilanciare la propria carriera.
L'importanza effimera dell'immagine, la spettacolarizzazione del dolore, la chirurgia plastica con cui ormai si è irrimediabilmente deturpato il concetto di audience: Pappi Corsicato non fa mistero di voler costruire un'iperbole continua per riflettere/giocare sull'inesistenza della verità (e la sua "riformulazione") in un mondo che, continuamente esposto alla luce dei riflettori, è rimasto definitivamente accecato. Non ci mostra nulla di nuovo, Il volto di un'altra, anzi conferma l'ormai completa adesione del regista napoletano ai canoni estetico-narrativi del cinema di Almodovar (si pensi alla Pelle che abito), cineasta con il quale mosse i primi passi come assistente alla regia. E' altrettanto vero, però, che mescolando vari generi e registri - e portando all'estremo il citazionismo (da Billy Wilder a Occhi senza volto, fino al sogno del Grande Lebowski - il film tenta di riaggiornare, attraverso la chiave del grottesco, questioni già sollevate nel corso degli ultimi 30 anni. Con un finale - quello della clinica invasa dal liquame - che magari avrebbe fatto sorridere gente come Buñuel e Ferreri.