Per tradizione i giocatori di rugby effettuano un terzo tempo festeggiando con la squadra avversaria in segno di lealtà e rispetto. Lo sbandato Samuel, divenuto rugbista perché costretto dall'educatore che lo segue nel suo reinserimento, di strette di mano e pacificazioni non sa che farsene. Quanto meno fino all'incontro con una ragazza che gli mostra la strada per uscire dal tunnel. Siamo insomma dalle parti del romanzo di formazione con caduta e redenzione di prammatica, ma almeno una storia raccontata senza l'obbligo di far ridere. Certo lo sguardo di Artale è acerbo, si tratta pur sempre di un esordiente, dimostra però di dirigere con la giusta attenzione.
In crescita anche i giovani protagonisti, Lorenzo Richelmy e Margherita Laterza. Facce pulite, belle e non stereotipate che non sfigurano accanto al solido Stefano Cassetti, ruvido come si conviene nei panni dell'educatore. Prodotto da Filmauro e CSC, Il terzo tempo suggerisce che puntare sui giovani dovrebbe essere un imperativo morale per ogni produttore baciato dagli incassi. E alla fine una forma d'investimento giacché una volta desertificato del tutto il terreno delle commedie dalle idee sempre più riciclate, i frutti dovranno per forza essere cercati altrove.