Il postino inglese Eric Bishop (Steve Evets) è alla deriva: la moglie Lily gli manca come l'acqua, i figli sono fuori controllo, la casa è un disastro. Cerca invano aiuto dagli amici, ma c'è chi potrebbe dargli dei saggi consigli: il suo idolo calcistico Eric Cantona...
Novità di pregio (Eric Cantona, star inedita per un autore che non le ama) e costanti di peso (working class e affetti), per il solito buon vecchio Ken Loach, alle prese con una commedia (quasi) tutta da ridere: Il mio amico Eric. Sul dischetto, il calciatore Eric Cantona (strana coincidenza: i meglio football player francesi, lui e Zidane, hanno "macchiato" la propria carriera con due atti violenti: mossa di kung-fu a uno tifoso, il primo; la celebre testata a Materazzi, il secondo), che viene pure omaggiato di repliche mascherate nel sottofinale: del resto, come dichiara sullo schermo, "I'm not a man. I'm Eric Cantona".
Deliri di (autoironica) onnipotenza a parte, interessante è la palla ideologica giocata da Loach, che inframmezza il film con i gol pro Manchester United di Cantona, ma poi decide - d'accordo con il giocatore! - che la sua azione migliore è stato un assist: specularmente, Eric il calciatore manda in gol l'Eric postino sul campo sentimentale, finalizzando l'analogia collettivista di Loach tra calcio, cinema e vita.
Scritto con il sodale Paul Laverty, prodotto dall'abituale Patricia O'Brien, Il mio amico Eric forse non aggiunge centimetri alla statura di Loach, salvo una buona dose di risate, ma merita plauso critico e afflusso di pubblico: per la fiducia ne "l'unione fa la forza", da spendere su ogni campo. In primis la società, che Loach, pur con il primo piano sui due Eric, non dimentica: criminalità, disagio giovanile e working class, per smarcarsi dalla prima persona singolare - e solipsistica - di tanti altri registi. Giocala ancora, Ken!