Il giro del mondo in 90 minuti. Questo è Il grande match (in originale La gran final) di Gerardo Olivares, poetico ed entusiasta inno al calcio e al suo potere di aggregazione. Dalla catena montuosa mongola degli Altai al delta del Rio delle Amazzoni passando per il Niger e il deserto del Tenerè, il bravo regista e documentarista ci accompagna in un'avventura bizzarra: la disperata ricerca, da parte di nomadi mongoli, indios e cammellieri Tuareg, di una tv (e del segnale internazionale) per vedere la finale dei campionati mondiali di calcio tra Brasile e Germania. E' il 30 giugno del 2002 e tre gruppi diversi, contemporaneamente, iniziano una migrazione-pellegrinaggio al solo scopo di vedere i propri idoli, di cui indossano orgogliosamente maglie e sciarpe sopra il proprio abbigliamento tipico: Ronaldo, Van Der Meyde, l'idolo africano Drogba. Olivares ci ricorda con sensibilità e leggerezza che un mondo ipermediatico come il nostro ha gruppi di persone senza le opportunità che a miliardi di simili appaiono scontate. Sono coloro che vivono ai confini del mondo. Che li ha dimenticati, ma che loro seguono con insospettabile curiosità. Un montaggio alternato, simmetrico, concentrico ci accompagna tra derby mongoli, parabole umane, televisioni a manovella, "trenini" d'esultanza in pieno deserto. Non c'è paternalismo in questa commedia-mockumentary (tutto è ispirato a esperienze ascoltate dal regista, meriterebbero un extra sul dvd), ma una sorridente ammirazione per chi trova in sé risorse imprevedibili. Il calcio qui è metafora di integrazione ma anche fiaba, il film è un inno al tifoso, tenero fondamentalista del pallone più genuino. Non quello di (V)ieri o (M)oggi, ma quello delle origini. Così l'esultanza comune e fraterna di genoani e napoletani che recentemente abbiamo visto si accoppia idealmente a questa storia tripla per dimenticare violenze, strumentalizzazioni politiche, striscioni idioti. Un gran bel gol quello di Olivares, il suo è calcio spettacolo con poche risorse (attori non professionisti con facce straordinarie) e molta creatività.