Tra il 1995 e il 2000, a Outreau, sobborgo di Boulogne-sur-Mer, nella Francia del Nord, alcuni bambini subiscono abusi sessuali. Nel febbraio del 2001 viene aperta un’indagine penale e sono accusate diciotto persone. Per alcune di loro è stabilita la custodia cautelare in carcere, c’è chi si autoaccusa e chi si dichiara innocente. L’opinione pubblica segue con apprensione le indagini e nel 2004 e 2005 si celebrano il processo in corte d’assise e d’appello, non privi di colpi di scena. Due sentenze controverse portano ad assoluzioni e indennizzi mai applicati prima in Francia. Se i fatti oggi sono noti, nel rimetterli in fila, con abbondanza di immagini d’archivio, la serie Il caso Outreau: un incubo francese (di Marika Mathieu, Camille Le Pomellec, Anna Kwak e Oron Adar) lo afferma fin dal prologo, un tipico montaggio di voci: oltre a rivelare fatti di singolare squallore, Il caso Outreau è “un disastro giudiziario”. Più precisamente, il più grave errore procedurale nella storia della giustizia francese. Causa di forte imbarazzo per le istituzioni e per il presidente Jacques Chirac, come ben documenta la serie, che interpella anche Eric Dupond-Moretti, attuale Ministro della Giustizia, all’epoca dei fatti tra i difensori degli accusati.

Il caso Otreau, copyright Netflix
Il caso Otreau, copyright Netflix

Il caso Otreau, copyright Netflix

Tutto parte da una segnalazione dei servizi sociali al giovane giudice istruttore Fabrice Burgaud, che, non a caso, è il primo, oggi, ad apparire in video. Impassibile, glaciale, parla con un filo di voce, i tratti di un viso infantile come cristallizzati in quel passato. I reati sono circoscritti a un luogo ben preciso: La Tour du Renard, caseggiato popolare situato in un quartiere operaio. Qui abita Jonathan Delay, che nella testimonianza resa all’età di cinque anni, dichiara che lui e i suoi tre fratelli sono sistematicamente esposti a materiale pornografico e abusati sessualmente dal padre Thierry e dalla madre Myriam Badaoui. Emergerà che i due hanno precedenti penali e trascorsi di violenza. I dettagli delle dichiarazioni di Jonathan sconvolgono i magistrati del piccolo tribunale locale e la perquisizione nell’appartamento dei Delay produce prove inconfutabili. L’istruttoria richiederebbe riservatezza e cautela estreme ma la sua direzione è condizionata proprio da Myriam, ritenuta attendibile da Burgaud, che fa i nomi di altri adulti coinvolti negli stupri. Per questi scattano i mandati d’arresto e dopo la nomina di diversi avvocati, anche famosi, sul caso si gettano i media, mentre altri minori della Tour du Renard iniziano a fornire dichiarazioni simili a quelle dei piccoli Delay. Gli inquirenti considerano anche una pista belga (l’affaire d’Outreau, nella sintesi dei giornali, ha un’assonanza con il caso di Marc Dutroux, pedofilo e stupratore seriale catturato in Belgio pochi anni prima). Da una parte monta l’ipotesi di una rete estesa di pedofili, che scandalizza e angoscia tutto il Paese; dall’altra alcuni avvocati dubitano di dettagli riferiti dalle vittime e identificano Myriam Badaoui (“la direttrice del casting”) come una manipolatrice del giudice Burgaud, che incappa in diversi errori di procedura. Tra ulteriori dichiarazioni e ritrattazioni e il suicidio in carcere di uno degli accusati, intanto i minori, sottratti alle famiglie e collocati in nuclei affidatari, continuano a frequentare le stesse scuole e a parlare con gli stessi educatori, inquinando l’investigazione.

Il caso Otreau, copyright Netflix
Il caso Otreau, copyright Netflix

Il caso Otreau, copyright Netflix

Lungo i quattro episodi (di circa 45 minuti ciascuno, distribuiti da Netflix) il tema della credibilità – di piccoli e adulti – è quindi centrale. Attorno a questo, a cascata, si muovono azioni e opinioni di alcuni dei protagonisti, giudici, consulenti di psicologia interpellati per il processo, giornalisti, avvocati di parte. I testimoni, i cui interventi compongono la serie come in un mosaico, sono inquadrati su sfondo scuro, quasi avvolti in un buio protettivo. A volte una metà del viso è in ombra, a suggerire che la verità non si mostra mai in maniera netta, è difficile da verificare. Soprattutto se chi parla alla legge è un bambino, con il linguaggio che ha disposizione e il desiderio di soddisfare le aspettative dell’adulto. Nelle parole della presidente della Corte d’appello Odile Mondineau-Hederer, il clamore attorno al caso finisce per rendere “flou” l’insieme dei fatti: vago, fuori fuoco, incomprensibile.

Il caso Otreau, copyright Netflix
Il caso Otreau, copyright Netflix

Il caso Otreau, copyright Netflix

Data la materia incandescente di partenza, anche se il terreno è quello del true crime, per fortuna non c’è nella serie enfasi né morbosità sui dettagli. Nemmeno quando Jonathan Delay, vittima riconosciuta, oggi adulto traumatizzato, rievoca i fatti o dà il suo commento finale in camera. Agli autori non serve ricorrere al re-enactement perché gli accusati sono già molto caratterizzati dall’insistenza del pedinamento e del commento mediatico (la coppia di giovani vicini dei Delay, il prete operaio, la panettiera, il tassista, l’ufficiale giudiziario, l’assistente scolastica, un padre e un figlio…). E le fonti originali sono molteplici: da un servizio tv si apprende che per il primo processo, ripreso dalle telecamere, il tribunale di Saint-Omer è stato riadattato ad hoc, con gli imputati seduti poco lontano dai minori chiamati a testimoniare di nuovo. Uniche eccezioni, la replica della scrivania del pc di Burgaud, su cui scorrono verbali, foto identificative e disegni dei bambini, e il modello in scala dell’edificio teatro delle violenze, di recente abbattuto per dimenticare l’orrore. È al contrario per ricordare i danni di un giudizio mal ponderato, che Il caso Outreau pone, anche da questa parte delle Alpi, quesiti essenziali al sistema giudiziario e dell’informazione. Come dev’essere condotto un interrogatorio con un minore? Quali conseguenze ha la caccia mediatica al mostro? Perché chi è chiamato a giudicare tende a dimenticare la presunzione di innocenza? I danni di un errore giudiziario sono risarcibili? Possiamo chiedere coerenza ai bambini quando manca anche agli adulti?