Al cuore Cuarón, al cuore! L'eclettico regista messicano non lavora mai con Hollywood per un pugno di dollari. I figli degli uomini, libero adattamento dall'unico romanzo di fantascienza dell'inglese P.D. James, è una coproduzione diretta da Alfonso Cuarón dove il budget è americano (72 milioni di dollari grazie alla Universal) ma lo spirito è europeo. Londra, 2027. Il cielo è grigio, la terra è scossa dagli attentati terroristici, gli immigrati vengono deportati, le donne non fanno più figli, le nazioni sono crollate, le opere d'arte vengono distrutte. Nessuno, tranne Philip K. Dick, fa fantascienza distopica come gli inglesi. Sviluppare le negatività del presente per profetizzare l'apocalisse è il loro forte. Da H.G. Wells a George Orwell, dall'americano adottato Terry Gilliam (Brazil) al purosangue Alan Moore (V per vendetta). P.D. James non fa eccezione. Figli degli uomini si apre con un'esplosione lancinante nel pieno centro di Londra. Come in Brazil. Come il 7 luglio 2005. Theodore Fador (Clive Owen) era un idealista. Nel 2027 è un nichilista. Si aggira nel suo inferno vivente londinese come un detective privato dei '40. Serenamente disperato e impermeabile a tutto, come il suo trench multiuso. Quando la donna che amava lo contatta per portare in salvo una ragazza di colore, Theodore accetta riluttante entrando in una spirale di violenza e doppi giochi. L'ex amata Julian (Julianne Moore) è il leader del gruppo terroristico dei "Pesci". Le pallottole volano più veloci delle parole, le città sono campi di battaglia come Baghdad e Beirut, la dolcezza e l'ironia non hanno più posto (Michael Caine in un ruolo commovente come simbolo dell'utopia del movimentismo anni ‘60). La colonna sonora (King Crimson, John Lennon, Deep Purple) è la nostalgia per il rock di ieri, mentre i piani sequenza della coppia Cuarón-Lubezki (direttore della fotografia) sono il meraviglioso virtuosismo del cinema di oggi. Durante il piano sequenza più lungo e complesso, l'obiettivo della cinepresa si sporca di sangue. E' uno dei momenti di cinema più belli visti alla 63esima Mostra del cinema di Venezia. Un vero e proprio miracolo, come la speranza che si risveglia in Theodore. Come il finale, in cui si vuole credere testardamente a un futuro migliore. La testa ci dice che la distopia è l'unico futuro che ci sia. Ma I figli degli uomini spara più in basso. Al cuore Cuarón, al cuore!