Cinque studenti, tre giorni, una casa: Fino a qui tutto bene, opera seconda di Roan Johnson, in cartellone al Festival di Roma (Prospettive Italia). Ebbene, è il migliore dei film italiani: dunque, perché non in concorso (Cinema d'Oggi)? Vabbè, siamo abituati.
Protagonisti Alessio Vassallo (Vincenzo), Paolo Cioni (Cioni), Silvia D'Amico (Ilaria), Guglielmo Favilla (Andrea) e Melissa Anna Bartolini (Francesca) nei panni di cinque universitari a Pisa che stanno consumando l'ultimo weekend nella casa dove hanno convissuto, stretto amicizia, fatto feste, bevuto, amato e, sì, anche studiato. Nel cast pure Isabella Ragonese, il film scritto dal regista con Ottavia Madeddu è stato realizzato col meccanismo produttivo The Co-Producers: cast & crew non sono stati pagati, ma parteciperanno percentualmente agli incassi e alle altre entrate. Budget totale di 250 mila euro, quattro settimane di riprese, è stato ideato, scritto, diretto e interpretato “in maniera libera, indipendente: un atto di coraggio partecipato”.
Parola di Johnson, e si può agevolmente sottoscrivere: fresco, vitale e, sì, libero, il film in 78 minuti scorre che è un piacere, grazie ad attori sconosciuti quanto bravi, uno script “rubato” agli studenti intervistati per un doc sull'ateneo dagli sceneggiatori. Entrambi, interpreti e copione, danno linfa all'effetto verità, nonostante le situazioni al limite – amplesso tentato con anguria… - non manchino: è la vita universitaria, ovvero la vita al netto dell'università, quella che senza filtri, ma con iperboli e allegorie, troviamo sullo schermo.
Dunque, amori, dubbi, incastri, imprevisti, scazzi, suicidi, gravidanze e… l'amicizia che non se ne va. E ha un messaggio senza patemi, senza moralismi, perché l'importante, per dribblare la crisi, fregarsene dei menagramo, costruirsi il futuro nonostante tutto, è dirselo ogni giorno: Fino a qui tutto bene