Domanda: meglio un porno o Scarlett Johansson? Risposta facile: un porno con Scarlett Johansson. Ma il “povero” Jon deve scegliere: continuare a vedere ogni giorno filmini su pornhub, brazzers e compagnia bella oppure “darsi” del tutto alla splendida Barbara (Johansson, mai così sexy e gatta tremebonda), corteggiata, aspettata e infine conquistata? Domanda non retorica, almeno per il nostro Jon: sexy, muscoloso e orecchie a sventola, vive nel New Jersey, frequenta università e chiesa, dove ogni domenica ragguaglia il prete, e Dio, su quantità e modalità del sesso dell'ultima settimana. La masturbazione vince sempre, spesso per KO. Donne in carne e ossa, e piuttosto belle (sotto il voto 7 Jon manco guarda), il nostro le ha, in discoteca rimorchia come gli pare e piace, ma non c'è gara: le donnine desnude e all'atto su Internet, tutte da smembrare esteticamente in quarti di bue, dal sedere al seno, e da valutare nelle prestazioni, fellatio in primis, sono un hobby – letteralmente -  a tempo pieno, e per l'amore, qualunque esso sia, Jon non ha spazio né comprensione. Qualcosa, però, sta per cambiare: incrocia Barbara, le dà un bel 10 ( seno, latoB e…) e attende lei si conceda. Succede, e Barbara conosce gli amici – due nerd senza speranza – e la famiglia di Jon: il padre, canotta bianca e football dipendente, la gradisce assai, anzi, fin troppo, la madre pure, l'unica  a non uscire dal suo mutismo elettivo 2.0 (smartphone sempre attivo, Jon non è l'unico ad avere una dipendenza alla mano…) e non condividere l'entusiasmo per la bella Barbara è la sorella.
Jon si fa sgamare al pc con le braghe calate, riesce a convincere Barbara del carattere estemporaneo e scherzoso della visione a luci rosse, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo un'addiction devastante: riuscirà il nostro eroe? Chissà, ma nel frattempo all'università incrocia una milf redhead (Julianne Moore), sorpresa in un angolo in piena crisi di pianto: che sia lei la salvezza? Scritto, diretto e interpretato, Don Jon è il piacevole esordio alla regia di Joseph Gordon-Levitt, che mette il dito in una piaga globale: come si scusa Jon, “ogni ragazzo lo fa”, ed è la porno dipendenza 2.0, quella consumata e smanacciata su Internet. Joseph Gordon-Levitt spinge l'acceleratore del moralismo e cerca l'inversione a U per l'Amore, mettendo alla berlina anche le relazioni di scopo (Scarlett…), il sacramento della Confessione – bonariamente, s'intende – e, soprattutto, l'odierna incapacità di relazionarsi all'altro, come dirà la sorellina autistica 2.0, di “vedere” l'altro. Il tutto con una poetica debitrice del suo (attore) 500 giorni insieme, una direzione d'attori, e c'era d'aspettarselo, superlativa e uno stile fresco, che prende in giro l'estetica pornoclippara e gioca sull'iterazione. Insomma, una buona opera prima, anzi, più che buona, che se cede all'happy ending e alla morale/moralistica consolazione prima dice bene della pornocrazia dilagante e sottaciuta: “Ma ti pare che uno come me – ribatte Jon a Barbara – vede i porno, è roba da sfigati”. Ma le apparenze ingannano…