Francia, 1380. Durante gli scontri tra Armagnacchi e Borgognoni, la giovane Cristina da Pizzano (Amanda Sandrelli) rimane vedova, con due bambini da accudire. Persa la dimora, trova riparo presso una vecchia amica e qui avrà modo di aiutare il marito di lei, Charleton (Alessandro Haber), cantastorie da osteria. Le sue rime conquisteranno un teologo illuminato, Jean Gerson (Alessio Boni), ma allo stesso tempo urteranno la sensibilità della cultura dominante.
Esordio alla regia per Stefania Sandrelli, anche coautrice della sceneggiatura insieme a Giacomo Scarpelli, Marco Tiberi e la supervisione di Furio Scarpelli, Christine Cristina riporta alla mente - per ambientazione (la Francia a cavallo tra XIV e XV secolo "ricreata" in alcune zone del Lazio e in un set "riciclato" di Cinecittà) e stile - il cinema italiano a sfondo medievale di tante produzioni di serie B anni '70: vuoi per un'idea di messa in scena molto "ancien régime", vuoi per la verbosità e l'insistenza didascalica nel cercare di risolvere ogni snodo (pochi, per la verità) attraverso la declamazione di versi in rima baciata, senza contare alcuni momenti di ridicolo involontario (durante una passeggiata, Cristina inciampa e mentre Gerson continua a parlare, lei non riesce a trattenere le risate, per non parlare della battuta "scult" dello stesso Boni: "Non so scegliere tra Cristo e Cristina"...), fino ad arrivare al culmine della vicenda, sottolineata dalla voce di Sting nella tutt'altro che "medievale" Come again.
Rimane, questo sì, l'amore della regista nei confronti del personaggio protagonista, poetessa antesignana che in un tratteggio cinematografico così povero e senza metrica, buono forse per una prima serata tv, finisce per risultare figurina "senza macchia e senza paura". Paradossalmente, però, anche senza anima.