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Broken English
Che cosa conta davvero quando si racconta la storia di una persona? È questa la domanda che si sono posti i registi Iain Forsyth e Jane Pollard nell’approcciare alla storia di vita di Marianne Faithfull, oggetto ma anche soggetto di Broken English, presentato fuori concorso alla 82esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Non un documentario ma un ritratto, realizzato insieme all’artista, che risponde al quesito iniziale con l’invettiva di un espediente dal gusto retrò: Il Ministry of not forgetting, letteralmente Il Ministero del non dimenticare, un’istituzione immaginaria guidata da Tilda Swinton, incaricata di “ricalibrare” la memoria collettiva sulla vita di una persona e rappresentarla per chi è veramente stata, dando il giusto peso a sbagli e traguardi.
Al “servizio” della Sovrintendente Tilda, il giovane archivista George Mackay che con occhiali da vista sul naso, si trasforma nel conduttore di un intimo talk show in cui con l’ausilio di materiali di archivio, interviste, apparizioni televisive, concerti, si fa accompagnare da Marianne lungo le tappe più catartiche della sua biografia.
La cantante ed attrice britannica, scomparsa lo scorso gennaio, si mostra a volte affaticata, in alcune sequenze supportata dall’ossigeno ma sempre con un’evidente voglia di dire la verità, tutta la verità, togliersi i sassolini dalla scarpa e rispondere, a volte con anni e anni di ritardo, a chi l’ha sminuita, trattata con sufficienza, narrata e rappresentata nella maniera errata.
Per sottolineare quanto Marianne Faithfull sia il soggetto perfetto per il lavoro del Ministero, le parole di Swinton che non solo riassumono i momenti salienti della vita della cantante ma definiscono le intenzioni del film: “una carriera lunga 6 decadi, 30 album realizzati, numerose collaborazioni importanti, da Paul McCartney ai Metallica, una nomination al Grammy. È sopravvissuta alla tossicodipendenza, ad un’overdose, al cancro ed al coma indotto dal Covid eppure il mondo ancora si ricorda di lei come l’ex fidanzata di Mick Jagger.
Da quel momento in poi Broken English, che prende in prestito il titolo dall’album del ritorno e della rinascita di Marianne, pubblicato nel 1979, si affida alla sincerità dell’artista che a volte con nostalgia, a volte con amarezza, passa in rassegna i ricordi.
Immaginiamo Mick Jagger che inizia un brano che non riesce a portare a compimento e Marianne che, per non sentirgliela più suonare, ne compone la linea vocale e i testi: così nacque l’iconica Sister Morphine.
Ed ancora, assistiamo alle numerose volte in cui la stampa non le ha voluto bene nonostante la sincerità disarmante con cui, anche se presa in contropiede ed offesa, rispondeva senza filtri alle domande.
Broken English trae la sua forza nella teatralità di Marianne che diventa linguaggio cinematografico e la sua luce dalle numerose versioni dell’artista che incontriamo lungo il cammino. Come sempre accade poi, da film molto personale riesce ad aprirsi all’universale, poiché grazie a Faithful si raccontano le trasformazioni della società dagli struggenti anni ‘60 in poi ed il doppio standard nell’arte e nella realtà, che ancor non ci abbandona del tutto.
Punta al cuore e affonda il colpo poi Broken English quando si abbandona alla musica per una celebrazione finale in cui Marianne Faithful si congeda dal suo pubblico e dai suoi amici, nell’unico modo che conosce e che vi lasciamo intuire.