Sara (Myriam Catania) è una giovane insegnante precaria.  Soffre di attacchi di panico, sta per sposare un medico rampante fissato solo con la carriera e in classe nessun bambino la ascolta. Insomma un disastro. Tutto cambierà quando introdurrà nella scuola elementare in cui insegna un nuovo sistema educativo basato sull’alfabetizzazione emotiva. Insegnando ai suoi piccoli alunni a riconoscere la rabbia, la paura, l’invidia e le varie emozioni  Sara riuscirà a curare anche se stessa.  In questo suo cammino verso la guarigione la accompagnerà il collega Nicola (Nicolas Vaporidis).

L’opera prima di Francesco Bonelli, Anche senza di te, mette al centro il tema dell’insegnamento e  il difficile rapporto tra genitori e insegnanti, spesso pronti a mettersi gli uni contro gli altri e poco propensi a collaborare. Ma soprattutto ci fa scoprire la figura di Loris Malaguzzi e il metodo di Reggio Emilia, copiato in tutto il mondo ma bistrattato in Italia. Il grande pedagogo italiano che dopo Maria Montessori ha rivoluzionato il modo di pensare le aule, l’insegnamento e l’approccio all’infanzia. Il bambino non è più visto come qualcuno che riceve informazioni, ma come un soggetto attivo che attinge a un’infinità diversa di stimoli ed esperienze che non si limita solo alle materie di studio.  Tutto molto interessante se non fosse che il film finisce per avvicinarsi proprio a quello stesso metodo di insegnamento che in fondo critica. Lo spettatore si ritrova così nella parte di un alunno che assiste passivamente alle lezioni “di film”. L’approccio didattico diventa didascalico.  E la noia avanza. Un’emozione difficile da gestire per un bambino, come diceva Malaguzzi, ma anche per un adulto.