Faccio un film serio, anzi no. Deve aver cambiato idea in corso d'opera Renato De Maria. Archiviate atmosfere e tinte forti di Paz!, si imbarca in una storia che inizia come un dramma dell'anima, si concede sprazzi comici e culmina nel buonismo. L'Amatemi del titolo è l'appello della protagonista Isabella Ferrari. Una bella donna qualsiasi, condannata all'anonimato da una provincia troppo presa dalla sua opulenza per accorgersi di lei. La sua vita è come quella di tanti altri: una routine di cene al ristorante il giovedì, il pieno all'auto il venerdì e un impiego da annunciatrice in un centro commerciale per il resto della settimana. Tranquillizzante, finché condivisa con Pierfrancesco Favino: un amore nato sui banchi di scuola e poi ufficializzato in Chiesa appena dopo l'università. A rimettere in discussione tutto è la fine del loro rapporto. La routine diventa prigione, la provincia una cappa, il centro commerciale l'inferno. E' la parte migliore del film: fotografia, silenzi e movimenti di macchina esaltano una Ferrari in caduta libera. Annaspa, si logora, diventa fisicamente specchio del pozzo senza luce in cui sta sprofondando. A offrirle appiglio è l'amica Donatella Finocchiaro: antitesi (anche fisica) della sua apatia, la trascina in una risalita dall'obiettivo dichiarato: farle ritrovare fiducia in se stessa. Da appuntare la parafrasi da discoteca del dongiovanni Mastandrea: "Una bella donna attraversa la strada senza guardare. Perché tanto sa che tutti si fermano per lasciarla passare". E' l'inizio della fase due. Le atmosfere francesi dell'inizio si contaminano di provincialismi. La Ferrari cerca l'amore con il primo che capita. In discoteca, sulla spiaggia, quasi per caso. C'è però spazio, e fino a un certo punto anche speranza, per una virata alla Bertolucci: fra i tanti si imbatte in bel tenebroso. Un amore più intenso degli altri, che si consuma senza una parola né un nome. Da qui l'inizio della sua ricerca. Prima affannosa, poi sempre più diluita in una quotidianità che si costella di macchiette: i viscidi portieri d'albergo, l'istruttore di ginnastica imbranato, il bel sognatore che incontra in libreria. Siamo in dirittura d'arrivo: la galleria di incontri improbabili, trova composizione in un finale felliniano in cui tutti scorrono (sorridenti), come ad affermare il senso del percorso compiuto dalla protagonista. Senza rancori, da parte di nessuno, adesso potrà attraversare la strada senza guardare.