Presentato nella sezione Festa mobile: Figure nel paesaggio del 29TFF, Il sorriso del capo, nuova fatica di Marco Bechis (Garage Olimpo e La terra degli uomini rossi - Birdwatchers).
Il documentario analizza il periodo fascista servendosi dello sterminato archivio video dell'Istituto Luce; un'operazione che non sembra essere nuova, ma "non l'abbiamo pensata come un'analisi storica" dice Bechis, “quanto come una riflessione sulla propaganda e sull'utilizzo della macchina cinema. L'Istituto Luce è il più grande archivio di finzione al mondo. Ogni immagine è un'accurata manipolazione cinematografica della realtà. Noi abbiamo rimanipolato queste immagini per dare loro un altro significato. Un significato che ora, paradossalmente, è molto più simile alla realtà che raccontavano".
Gigi Riva, sceneggiatore del film, sottolinea come la creazione del Luce durante il fascismo sia stata condizionante per tante altre dittature: “La peculiarità della situazione italiana è stata quella di aver fondato l'Istituto Luce proprio con l'intenzione di avere a disposizione una potentissima arma di consenso. Gli italiani avevano capito prima di tutti la potenza di questo media di cui si farà ampio utilizzo sia in tutte le dittature successive (si pensi al Sud America, per esempio), sia nelle "democrature" come quella russa dei nostri giorni”.
Le immagini che corrono sullo schermo per 73 minuti sono il racconto di una realtà che oggi ci sembra quasi comica, ma che all'epoca era considerata l'unica realtà possibile; lo sa bene il padre di Bechis, Riccardo, che nel film ha il compito di avvicinare lo spettatore con i suoi ricordi, colorando così il bianco e nero delle immagini: “Mio figlio mi ha detto che voleva farmi una lunga intervista sulla guerra e sul fascismo - racconta Riccardo - io ho solo raccontato, il resto l'ha fatto tutto lui". E ancora: "E' stato interessante vedere le immagini del Luce, perché quando ero ragazzo e andavo al cinema, si chiacchierava sui cinegiornali. Io ero là solo per vedere il film”. Il sorriso del capo termina con una parola pronunciata da Riccardo Bechis che pare condensare il senso dell'epopea fascista: “Inconcepibile”.