"Il cinema ha offerto una molteplicità di rappresentazioni del ministero sacerdotale, raccontandone spesso il sacrificio e la testimonianza accanto “agli ultimi” della società, sia in tempi di pace che durante i difficili anni della guerra". Così il presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco - fan per sua stessa ammissione del "Don Camillo" di Fernandel, "uomo di fede di grande semplicità" - all'inaugurazione oggi in Vaticano (Sala Nervi) della mostra fotografica “Preti al cinema. I sacerdoti e l'immaginario cinematografico”, curata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia. Un centinaio di grandi e piccole foto di scena selezionate da un team scientifico e messe a disposizione dall'immenso archivio della Cineteca Nazionale.
Ci sono tutti o quasi: dal Don Bosco portato sullo schermo da Giampaolo Rosmino nel capolavoro di Goffredo Alessandrini del 1935, al Don Camillo a cui Fernandel ha prestato il proprio volto, fino al disilluso don Giulio di La messa è finita (1985) di Nanni Moretti e al modernissimo padre Carlo di Io, loro e Lara (2010) di Verdone "che nei suoi trent'anni di carriera - ricorda Bagnasco - ha affrontato in più di un'occasione la figura del sacerdote, sottolineandone a volte difetti e debolezze, con rappresentazioni spesso caricaturali, ma sempre cariche di singolari spunti di riflessione, che solo il linguaggio della commedia a volte riesce a dare". Verdone, seduto accanto al cardinale, esprime riconoscenza "per tutti quei sacerdoti che sanno accostarsi alle persone parlando loro con umanità. Nelle parrocchie che ho frequentato ne ho conosciuti moltissimi". E sul suo ultimo ritratto di sacerdote - il terzo in trent'anni di carriera dopo quello di Un sacco bello e Viaggi di nozze - l'attore e regista romano dice: "Calare la figura del prete nei meccanismi della commedia è sempre compito delicato, perché è un genere fatto essenzialmente di gag. Ho voluto dargli un volto umano, ponendolo di fronte a una crisi di fede, e ho cercato di farlo con la massima onestà. Se ci sono riuscito non lo so, ma l'attenzione che la Chiesa ha rivolto al mio film e il dibattito che ne è seguito mi confortano".
Ideata in occasione dell'Anno Sacerdotale indetto da Sua Santità Benedetto XVI, la mostra "segue un percorso cronologico - come sottolinea Dario E. Viganò, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo - che va da Il ritorno di Don Camillo al film di Verdone. Si tratta quasi esclusivamente di pellicole cinematografiche di finzione, a eccezione de La certosa di Parma di Bolognini, che venne trasmessa in tv per la sua eccessiva lunghezza, e di due documentari molto importanti: Pastor Angelicus di Romolo Marcellini e Luis Trenker, che venne realizzato direttamente con i contributi della Chiesa Cattolica, e Giovanni XXIII - Pacem in terris di Guido Guerrasio, dedicato a uno dei Papi più attenti al linguaggio cinematografico". Il 3 giugno la Mostra lascerà il Vaticano per spostarsi presso l'Università Lateranense, dove potrà essere visitata gratuitamente dal pubblico. E non solo: "Da lì viaggerà per tutta la Penisola - annuncia Viganò - accompagnata da un catalogo che racconta per ogni decennio la storia del prete al cinema, e da un libro completamente fotografico corredato da alcuni importanti contributi saggistici, come quelli del Conservatore della Cineteca Nazionale Enrico Magrelli, del Direttore della Cineteca di Bologna Luca Farinelli e del Direttore del Museo del Cinema di Torino Alberto Barbera. Colgo l'occasione di ringraziare Poste Italiane e Unicredito per la sua realizzazione".