"Siamo provinciali venuti a Roma in cerca di successo e conviviamo con il terrore di tornarcene a casa sconfitti". Eugenio Cappuccio parla di se stesso (il regista è di Latina), ma la descrizione ben si adatta anche a Piero Cicala, protagonista del suo terzo film, Se sei così ti dico sì, da venerdì 15 aprile in 350 sale distribuito da Medusa. Passato dalle stelle alle stalle in un momento, Piero è uno di quei volti della musica leggera italiana che hanno avuto uno repentino successo negli anni '80 - grazie a una sola canzone: Io, te e il mare - e sono stati dimenticati immediatamente dopo, precipitati in quell'anonimato che fa anche più male quando è figlio di una sconfitta: "La gente - dirà la ex moglie di Piero (Iaia Forte) - non ti perdona i successi né gli insuccessi". Ora Piero fa il cuoco in un ristorante sul mare di un piccolo paesino pugliese, ma la sua seconda occasione arriva quando la RAI decide di invitarlo alla trasmissione televisiva di Carlo Conti I migliori anni, dedicata alle vecchie glorie della canzone italiana: "E' uno di quei programmi crudeli dove il cantante che non sa più cantare nè muoversi è costretto a una triste esibizione mentre alle sue spalle scorrono le immagini di archivio di trent'anni prima", stigmatizza Emilio Solfrizzi, protagonista del film. Ma il mondo dello spettacolo al quale Piero sente di non appartenere più rivela ancora sorprese. Una, in particolare: Belen, che nel film interpreta una superdiva capricciosa ("L'avevamo immaginata alla Paris Hilton, ma poi abbiamo deciso di attribuirle una sensibilità che non le appartiene" ha detto la Rodriguez) che prende in simpatia il cantante malconcio e gli offre l'opportunità per risalire la china o, quantomeno, liberarlo dal peso della caduta: "E' un ruolo che ogni attore dovrebbe interpretare una volta nella vita. - dice Solfrizzi del suo personaggio - Il mio Piero Cicala è un uomo che non si lascia vincere dal cinismo e dalla rassegnazione. Questo film in fondo racconta qualcosa dell'Italia di oggi". Se non altro rivela le insospettati doti canore dell'attore pugliese: "Ma non andrò a Sanremo, non temete. Mi piacerebbe invece esordire dietro la macchina da presa. Ma quando mi ricordo quanto è faticoso il lavoro del regista, professione di cui nutro un gradissimo rispetto, ci ripenso". Non sono pochi i punti di contatto tra il suo Piero Cicala e il Tony Pisapia interpretato da Servillo ne L'uomo in più di Sorrentino: "Film che ho amato tantissimo e visto svariate volte, così come Servillo è un attore che adoro - confessa Solfrizzi -. Ma mi sono ispirato piuttosto ai tanti "ex" cantanti che ho conosciuto durante i piccoli spettacoli in Puglia, in Basilicata, in Calabria. Alla loro umanità e alle ferite che non si sono mai rimarginate".
Per Belen, invece, un bel salto di qualità: "A livello di emozioni - confessa la soubrette argentina - il cinema mi sta dando tantissimo. In Tv solo Sanremo ha avuto lo stesso effetto. Ma al cinema riesco a uscire fuori da me stessa e ad analizzarmi". Eppure, a giudicare dai cortocircuiti tra persona e personaggio che s'innescano in Se sei così ti dico sì, non sembra che Belen abbia dovuto fingere troppo per interpretare la Talita Cortes del film: "In realtà siamo molto diverse. Io non ho gli atteggiamenti da superdiva di cui fa sfoggio Talita. Sono una ragazza normale, convinta che il successo richieda una grandissima umiltà. E ho un cuore più grande del mio lato B. Che ultimamente è un po' cascato: da domani torno in palestra". E, nel confessare l'imbarazzo di rivedersi sul grande schermo (e non solo per le scene più osé: "Il fatto è che mi vergogno quando faccio qualcosa che ricorda me stessa"), aggiunge: "Tengo in grande considerazione la carriere nel mondo dello spettacolo. E' una cosa seria e con serietà voglio affrontarla. E' solo per i continui impegni di lavoro se non sono ancora riuscita a realizzare il sogno di avere un bambino. Mia madre mi ha partorito all'età di 21 anni e la sua giovane età è stata fondamentale perché nascesse tra di noi un rapporto di vera amicizia. Vorrei che la stessa cosa accadesse tra me e mio figlio".
Ben diversa la sfida affrontata da Cappuccio, che si è dovuto confrontare per la prima volta non solo con una casa di produzione più grande, ma dalla tradizione autorevole: la DueA di Pupi e Antonio Avati (autore anche del soggetto del film, che sponsorizza in maniera originale: "Habemus Belen"): "E' stata una folgorazione. La DueA produce i film di uno dei registi che amo, Pupi Avati. Quando ho fatto ingresso nel suo studio, con tutte quelle vecchie pellicole, le foto e i cimeli di una carriera, ero emozionatissimo". Interferenze?: "Nessuna. C'è stato un rapporto di stretta collaborazione cresciuto attorno all'amore verso questo progetto che accomuna, secondo me, il mio cinema e quello di Avati per il modo in cui racconta la reazione di un personaggio di fronte a una situazione che lo mette alle strette".