In principio erano i Fratelli Grimm e Biancaneve era una fanciulla indifesa vittima dell'odio della perfida matrigna. Ma i tempi cambiano, le ragazze vogliono divertirsi senza il principe azzurro e le favole vanno riscritte. Rupert Sanders (Biancaneve e il cacciatore) la trasforma in una guerriera stile Giovanna D'Arco con il volto di Kristen Stewart. Tarsem Singh (Mirror Mirror) la mette a capo di una banda di briganti nani contro una regina al botulino. Non stupisce, quindi, che la Blancanieves di Pablo Berger - film presentato ieri sera al Torino Film Festival - diventi una torera. Ambientato nell'Andalucia degli anni ‘20, a Siviglia, nel cuore pulsante del flamenco, patria della Corrida, Blancanieves é la fiaba di Carmen (Macarena García), figlia di un famoso torero Antonio Villalta (Daniel Giménez Cacho) paralizzato da un'incornata, e di una ballerina di flamenco (Imma Cuesta) morta dandola alla luce. La strega è l'infermiera arrivista che accudisce e sposa il padre, Encarna (Maribel Verdú). Rifiutata dal padre, Carmencita cresce insieme alla nonna (Ángela Molina, un pilastro del cinema spagnolo, figlia del cantante Antonio Molina) che le insegna a ballare, e al gallo Pepe. Alla morte dell'amata nonna, trasferita nella casa paterna, riesce a recuperare il rapporto con il genitore che le insegna l'arte della tauromachia. Costretta a scappare dalla matrigna, si unisce ad una compagnia di nani gitani e toreri diventando una stella dell'arena con il nome d'arte “Blancanieves”.
Già la trama ha dell'assurdo, se non fosse che è anche un film muto e in bianco e nero. Dopo i cugini francesi di The Artist, anche gli spagnoli riscoprono il cinema che fu. E come il precedente di Michel Hazanavicius, Blancanieves concorrerà agli Oscar. “I francesi - ha spiegato il regista a El Pais lo scorso settembre - hanno aperto una strada che fin'ora era impensabile. Grazie al successo di The Artist ora i cartelloni del mio film tappezzano Madrid, senza quel successo saremmo riusciti a malapena ad uscire in due sale. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno!”. In realtà, l'idea per la sua favola, Pablo Berger l'ha avuta quasi otto anni fa, ma “i produttori - continua - abbandonavano il progetto subito dopo aver letto dal copione che era un film muto, in bianco e nero e ambientato nella Spagna torera degli anni '20. Ma il cinema è un salto nel vuoto, così sono andato avanti ed è stata la Berlinale a finanziare il film”. Che è un'incredibile esperienza onirica ed evocativa fatta di flamenco, sevillanas, toreri, nani, gitani, simboli andalusi, la splendida colonna sonora di Alfonso de Vilallonga, un pizzico di realismo magico e lo sguardo encantador del maestro Luis Buñuel.