Chiedersi che cosa avrebbe fatto Marilyn Monroe, quali traguardi di carriera e di personale affermazione avrebbe potuto raggiungere se non fosse morta nel modo che sappiamo, ecco uno di quegli esercizi, crudeli ma irresistibili, che formano (anche) il fascino della speculazione  romanzesca e delle scadenze fantascientifiche e fantastiche che in essa ci hanno sempre affascinato. Ci sono tanti libri e tanti film che giocano appunto con l'ipotesi: "Se le cose fossero andate diversamente...". Perché la vita vera del cinema non potrebbe imitare il cinema? Ecco dunque una rapida serie di possibili opzioni. Cercando in qualche modo di parafrasare la carriera stessa di Marilyn. L'abbiamo abbandonata nel 1961 sul set de Gli spostati di John Huston, dove, con la sua irrequietezza nervosa ed i suoi perenni ritardi, ha finito con lo stancare un Clark Gable ancora magico ma ormai vicino alla morte. L'anno dopo la tragedia sfiora ancora una volta la vita di Marilyn, che però il 5 agosto 1962 sfugge in extremis alla morte che sta per ghermirla e all'ultimo momento si salva (non ho ancora stabilito come). Per qualche anno la sua carriera subisce una svolta sgradevole. Le offrono pochi film, in genere mediocri e lei stessa, in quelli che accetta di interpretare, appare ingoffita e distante. Gli amici famosi la lasciano perdere, lei comincia a rimanere senza soldi e si trasferisce in campagna. Beve, si ingrassa, forse si abbandona alla cocaina, si lascia trascinare da amoretti violenti e fuggevolmente crudeli. Finché nel 1974 proprio Billy Wilder, l'immaginoso inventore di A qualcuno piace caldo, decide di affrontare una battaglia generale per affidarle la parte di Betty Grant nel quarto "remake" di Prima pagina, centrato su Jack Lemmon e Walter Matthau. I produttori si oppongono in ogni modo, la parte era stata inizialmente tagliata a misura di Susan Sarandon, che non ha ancora trent'anni e ora Wilder la vuole dare alla Monroe che, nata nel 1926, ne ha quasi cinquanta. Il grande Billy rinuncia ad una gran parte dei suoi guadagni, rinchiude Marilyn in una feroce clinica di disintossicazione dove l'attrice perde una quindicina di chili e guadagna una quindicina di anni, fa della donna una piacevole quarantenne, riscrive la parte in modo che le si adatti e infine porta di peso Marilyn sul set. E' un trionfo, Marilyn riceve una nomination per l'Oscar - il premio andrà poi a Ingrid Bergman per Assassinio sull'Oriente Express - e si trova improvvisamente rilanciata. Si abbandona all'ennesimo matrimonio con un personaggio ancor più diverso da quelli che lo hanno preceduto. E' nato 60 anni prima a Trani e in realtà si chiama Concetto Spirito Scucciolini La Pacchiarella. Emigrato ventenne negli Stati Uniti vi si è naturalizzato con il nome di Spiry S. Lapaque, facendo credere di essere un "cajun" della Louisiana, e pertanto di origine francese. E' un genio fiscale e diventa famoso ad Hollywood compilando la dichiarazione dei redditi di centinaia di personaggi celebri. Per la Monroe si rivela "una mano santa". Non solo le sistema definitivamente la situazione nei confronti del fisco, ma riesce a farle assegnare dalla ABC una rubrica televisiva, il "Marilyn Show" che diventa famoso per la scioltezza svampita con l'attrice presenta cantanti, attori ed uomini politici (un giovanissimo Bill Clinton, non ancora Governatore dell'Arkansas, viene lanciato da lei come il più promettente sassofonista fra i politici americani). Infine la persuade a diventare una diva del piccolo schermo. Fra i suoi successo va ricordata la serie Murder She Wrote, inizialmente concepita per Angela Landsbury ma che ha consacrato definitivamente la Monroe come una sorta di ispettrice Clouseau del giallo televisivo. E' appunto la serie nota in Italia come La signora in giallo. Marilyn ha 75 anni, è grassa e felice ed è madre di quattro figli di Spiry Lapaque (Rosario ovvero Ross, Concetta ovvero Concy, Salvatore ovvero Salvy e Santino ovvero Sonny, come il primogenito di don Vito Corleone). Quest'anno, a Venezia, le daranno il Leone d'Oro.