Baaria di Giuseppe Tornatore non ce l'ha fatta: subito stoppato nella corsa agli Oscar, nemmeno inserito nella shortlist di nove titoli da cui uscirà la cinquina per il miglior film straniero. Successe anche l'anno scorso con Gomorra, e quello dei due film potrebbe sembrare destino tristemente analogo. Ma siamo sicuri? Ovvero, era lecito, al di là dell'amor patrio e del budget monstre messo a disposizione da Medusa per film e promozione, aspettarsi una nomination se non la statuetta più ambita?
Breve passo indietro, al di là delle nostrane consolatorie dietrologie post palmares, nemmeno al nostro festival nazionale, la Mostra di Venezia, Baaria l'aveva spuntata: nessun premio, critica nazionale divisa e quella internazionale poco misericordiosa nei confronti dell'ultima fatica di Tornatore, che un Oscar con Nuovo Cinema Paradiso pure l'aveva già vinto. Scriveva Variety, all'indomani della proiezione al Lido: "Awash in phony nostalgia, cheap sentimentalism and puffed-up orchestrations, the pic could lure in locals with an advertising blitz, but offshore prospects don't look good". Le pietre tombali pesano meno...
Tra i nove titoli, non c'é nemmeno Abbracci spezzati di Almodovar, ma semplicemente perché la Spagna aveva preferito puntare su The Dancer and the Thief di Fernando Trueba: in altre parole, Pedro era già fuori prima che la gara iniziasse. 
Piuttosto, alla luce dei magnifici 9, va sottolineato il traino, e non solo per quest'edizione, del festival di Cannes. Traino duplice: spinta internazionale tout court e indirizzo critico. Nella shortlist, figura la Palma d'Oro Il nastro bianco di Haneke e il Grand Prix Il profeta di Audiard, che, al di là dei premi, sono stati celebrati da critica e moviegoers sulla Croisette. Probabilmente, anzi quasi sicuramente, a meno di sorprese alla Departures come l'anno scorso, da questa coppia verrà pescato il miglior film straniero.
Ritorniamo a Baaria, per vedere come, a differenza dell'esclusione decisamente più incomprensibile e immeritata di Gomorra l'anno scorso, non abbia pesato - come qualcuno ha suggerito - tanto la "concorrenza di immaginario" del musical Nine, anche questo peraltro dimenticato dai recenti Golden Globes, quanto piuttosto l'immaginario stesso di Tornatore, sospeso tra l'intenzionale ripensamento nostalgico di Bagheria e Sicilia tutta e la rievocazione melliflua, sentimentalistica e stereotipata del "C'era una volta in Sicilia", il cui esotismo non ha superato la dogana di Hollywood. 
A dire il vero, forse ne era consapevole lo stesso Tornatore, che per bocca del suo Peppino confessava: "Noi Torrenuova vogliamo abbracciare il mondo intero, ma abbiamo le braccia corte".
Forza, è vero che se l'ultimo tricolore in cinquina era stato La bestia nel cuore, forse semplicemente l'Academy ha delle ragioni che la ragione (critica) non conosce, ma l'anno prossimo potrebbe essere la volta buona, a patto di candidare il film giusto (chissà se avessimo lanciato Vincere di Bellocchio...). Perchè il film giusto l'abbiamo, ed esce domani in sala: L'uomo che verrà di Giorgio Diritti.