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Liberi – Duc in altum
L’etimologia della parola clausura deriva dal verbo latino clausare, vale a dire “chiudere” o “separare”. Il termine quindi ha come radice il concetto di “chiusura” e riflette il suo significato attuale, ossia l’isolamento, specificatamente in ambito religioso. Procedura secolare che poco sembra essere compatibile con l’attualità. Eppure Liberi – Duc in altum dello spagnolo Santos Blanco dimostra il contrario.
Prodotto da Bosco Films e Variopinto Producciones, con il sostegno della Fondazione DeClausura, il film nasce nel periodo della pandemia a seguito della realizzazione da parte dell’autore di una campagna pubblicitaria a favore di una raccolta fondi per aiutare i religiosi che, non potendo vendere i loro prodotti, riversavano in uno stato di indigenza economica. Dopo aver trascorso dei giorni di clausura, Blanco, affascinato da ciò che aveva vissuto, ottiene il permesso di mostrare i luoghi nascosti di alcuni monasteri collocati in varie zone della Spagna, documentandone la straordinaria unicità.


Liberi – Duc in altum
Dalle parole dei protagonisti, pregne di riferimenti al sacrificio, si intavolano interessanti questioni. Il titolo evoca infatti un paradosso e, contemporaneamente, un invito alla valutazione priva di giudizio: quale può essere il valore attribuito all’idea di libertà da chi sceglie volontariamente di estraniarsi dal mondo esterno? Da questa duplicità affiora il punto fondamentale, ovvero far comprendere lo stravolgimento di quello che per antonomasia riteniamo, con un pizzico di supponenza, privazione del diritto più essenziale.
All’apparenza condannati all’essere emarginati e soli, questi individui inconsapevolmente rinnegano tale immagine supposta, emanando invece serenità e risolutezza. L’alternanza delle interviste e degli interlocutori, che differiscono per stili di vita precedenti e per età, è funzionale a proporre diverse testimonianze con il proposito di afferrare il fulgore avvincente di persone dedite alla contemplazione.


Liberi – Duc in altum
Ognuno di loro racconta la propria storia e come ha avuto inizio il percorso ascetico, frutto sì di vocazione, ma anche di scelte radicali e dolorose, cercando di abbattere il parere comune della “soluzione più facile”, spesso espresso da familiari e conoscenti.
Ad accrescere l’intensità, la narrazione tripartita che segue dettami biblici: la prima è la via, intesa come volontà assoluta che si tramuta in scelta esistenziale; la seconda è la verità; e infine la vita, culminante con l’amore per Dio.