“Un Carnage familiare in forma di commedia, ovvero una commedia sentimentale senza lui e lei, ma con amici e parenti che si squartano l'un l'altro in una notte”. E' Il nome del figlio, ritorno al cinema di Francesca Archibugi, che per la prima volta dirige una commedia. Sul set a Roma, e da domani a Castiglioncello per gli ultimi ciak, è il remake del francese Le Prénom (Cena tra amici) di Alexandre de la Patellière,  riscritto e adattato alla realtà italiana da Francesco Piccolo e dalla stessa Archibugi.
A interpretare la coppia in attesa del primo figlio sono Alessandro Gassman (Paolo), estroverso e burlone agente immobiliare, e Micaela Ramazzotti (Simona), bellissima di periferia e autrice di un best-sellers piccante. Valeria Golino veste i panni di Betta, sorella di Paolo, insegnante con due bambini, apparentemente quieta nella vita familiare, Luigi Lo Cascio in quelli di  Sandro, suo marito e cognato di Paolo, raffinato scrittore e professore universitario precario. Tra le due coppie l'amico d'infanzia Rocco Papaleo (Claudio), eccentrico musicista che cerca di mantenere in equilibrio gli squilibri altrui.
Probabilmente in sala a gennaio 2015, il film è prodotto dalla Indiana Production Company (La prima cosa bella e Il Capitale Umano di Paolo Virzi,  I Principianti di Claudio Cupellini), Motorino Amaranto di Paolo Virzì e Lucky Red, che torna alla produzione dopo Il Divo e This must be the place di Paolo Sorrentino. “Da Virzì a Piccolo e alla Lucky Red si sono messi tutti a spingere perché accettassi questo film: ero immobile e depressa sul divano da un anno e mezzo, perché il progetto a cui stavo lavorando, protagonista un 14enne afgano, era stato bloccato dalla crisi che ha colpito il cinema. Ebbene, mi han dato due pizze e rimesso al lavoro. E così abbiamo messo tutto il nostro cuore in questa commedia che strutturalmente funziona: un film d'attori e personaggi, una magica emulsione tra carta ed essere umano”, dice la Archibugi.Se il nome del figli, in originale Adolf, qui è Benito, “il problema – prosegue la regista – non sono i nomi, ma la contrapposizione tra i personaggi, uno dei quali appartenente a una famiglia ebrea di altissimo lignaggio culturale, la lotta di classe sopita, il fatto che si appartenga o meno alla razza padrona. Nel momento del conflitto, dall'odierna, ineludibile pappa del ceto medio riemergono tutte le posizioni originali”.A parte quale flashback nella villa sul mare (Castiglioncello), “gran parte del film è girato in una casa, focalizzato sulle relazioni umane, e sugli attori: quattro dei cinque (Lo Cascio, Golino, Gassman, Papaleo, NdR) in scena sono registi”,rileva la Archibugi, e Papaleo scherza: “Questa cosa è stata deleteria, ognuno di noi s'è fatto il suoi film, una rottura… Comunque, abbiamo girato anche scene di 28 pagine, un piano sequenza di un quarto d'ora!”. Se “per me il paesaggio più bello è sempre il volto umano”, la Archibugi confessa di aver “ammirato ma non amato Carnage” perché preferisce “film più bollenti, dove c'è amore, come spero sia questo”.
Venendo agli attori, la Golino descrive la sua Betta quale “donna per bene, con l'atteggiamento di certe ragazze ricche che se ne scusano, una di sinistra con la volontà dia derire, la cui eleganza è divenuta sciatteria”, mentre Gassman dice che il suo Paolo incarna “il menefreghismo che è causa del nostro disastro attuale, e parlo della sinistra”, il personaggio di Papaleo “fa il califfo in versione jazz” e quello della Ramazzotti “scrive romanzi sentimental-erotici, quali Le notti di F”.