"Roberto Benigni è un angelo. Più che camminare, vola". Parola di Jean Reno, da poco diretto dal regista italiano in La tigre e la neve, il suo nuovo, attesissimo film, in sala dal prossimo 14 ottobre. Sul set accanto a Nicoletta Braschi nei panni di un poeta arabo, l'attore ha così raccontato la sua esperienza: "Quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta, ho subito percepito il 'profumo' della sua bontà, come fosse un piccione viaggiatore. Da li' ho iniziato il lavoro sul personaggio, che poi Benigni ha rivisto, alla luce delle sue intenzioni". Reno, celebre protagonista di film come Nikita e Leon, ha ricevuto sabato al Forum Internazionale di Montecarlo un premio speciale per la sua interpretazione de L'enquete Corse, film di Alain Berberian, ispirato all'omonimo romanzo di René Petillon. Dal 27 maggio l'attore tornerà sugli schermi italiani accanto a Laura Morante nel noir L'empire des loups di Chris Nahon. Nel film interpreta Jean Louis Schiffer, un poliziotto dai metodi poco ortodossi, che si trova a indagare su un presunto serial killer. "E' un personaggio a se' - ha spiegato -, corrotto dalla sua stessa violenza, come una sorta di magma maligno. E' quasi una bestia, uno dei più cattivi e perduti che abbia mai interpretato". Proiettato in anteprima nella città monegasca, L'empire des loups ha concluso la quarta edizione del festival di Montecarlo. In nome del binomio cinema e letterature che contraddistingue la manifestazione, di cui Cinecittà Holding è partner ufficiale, sono intervenuti anche gli italiani Roberto Faenza, Daniele Luchetti e Roberto Andò. Accompagnato dalla produttrice Elda Ferri, il regista di Alla luce del sole ha presentato I giorni dell'abbandono, il suo nuovo film ispirato all'omonimo romanzo di Elena Ferrante. Per la seconda volta consecutiva con Faenza, Luca Zingaretti affiancherà sul set Margherita Buy e Goran Bregovic, nei panni rispettivamente della moglie e di un musicista. Il film racconta le peripezie di una trentacinquenne che, a causa del tradimento del marito, cade in una profonda crisi depressiva, perdendo tutta la fiducia in se stessa: "Pur essendo apparentemente banale - dice il regista -, credo che questo film tocchi un tema di grande attualità: l'accettazione della fedeltà come desiderio legittimo e non come diritto".  Per il suo Una vita scriteriata, Daniele Luchetti si è invece ispirato al Fasciocomunista di Antonio Pennacchi. Come suggerisce il titolo del romanzo, protagonista della storia è un giovane, che abbraccia con disinvoltura tutte le ideologie:  cresciuto nell'utopia cattolica, con l'aspirazione di diventare santo, diventa poi fascista e picchiatore per il Movimento Sociale e diventa infine comunista, dopo essere stato espulso dal partito, per aver manifestato contro la guerra in Vietnam. "A spingermi verso questo libro - ha spiegato Luchetti - è stata l'ironia con cui Pennacchi ha raccontato l'Italia di quegli anni. Invece di adottare una prospettiva manichea, dividendo la società fra buoni e cattivi, ha colto l'ideologia e la scarsa convinzione con cui molti hanno sposato una bandiera o l'altra". Roberto Andò ha infine puntato sulla Ricostruzione dell'irlandese Josephine Hart, già autrice del Danno. Nel cast c'è Alessio Boni nei panni di uno psicanalista. "Il titolo - spiega Andò - deriva dal percorso del protagonista: un uomo capace di tornare nel suo paese natale dopo quarant'anni e da lì, restituire un senso alla sua vita, rielaborando un trauma infantile".