"Il nazismo al cinema? Utile, perché fa pensare al male, lo mette a tema. Il rischio attuale è il democraticismo, non la democrazia.  Si dice: "Abbiamo vinto il nazismo, il male è alle nostre spalle, siamo diventati buoni"". Alla vigilia della Giornata della Memoria, così il filosofo Salvatore Natoli, intervistato dalla Rivista del Cinematografo, commenta la proliferazione di film sul nazismo in sala o prossimi all'uscita: Tom Cruise è il colonnello Claus von Stauffenberg dell'Operazione Valchiria, il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944, la candidata agli Oscar Kate Winslet un'ex aguzzina di Auschwitz in The Reader, mentre Daniel Craig e Liev Schreiber guidano la Resistenza degli ebrei bielorussi in Defiance.
Ma non è solo rievocazione, con L'Onda il tedesco Dennis Gansel mostra come il nazismo possa ancora attecchire: tra i banchi di scuola. Perché questi schermi uncinati? Secondo Natoli, ordinario di Filosofia teoretica all'Università di Milano Bicocca e autore di Sul male assoluto. Nichilismo e idoli nel Novecento, "la tematica del male ha sempre qualcosa di inquietante e paradossale. Ad Auschwitz, siamo in presenza di una simbolica dell'estremo, la profanazione dell'uomo: è divenuto un topos del male, che talvolta decade anche a genere".
Natoli definisce i totalitarismi "configurazioni teologiche e neognostiche: essendo il mondo infettato dal male, bisogna affrettarne la distruzione, praticando il male sino in fondo. Gli uomini di ogni giorno non lo comprendono, devono essere guidati da avanguardie superiori che hanno colto il senso della storia: è il Führerprinzip".
Un elemento gnostico che ritorna nel terrorismo: "Ti senti puro, crei il capro espiatorio, e lo uccidi: in ragione del bene – afferma il filosofo - i terroristi si sentono autorizzati a tutto. Pur guidato da un disincantato machiavellismo, il terrorismo ha bisogno di incantare le masse".
Viceversa, per Natoli "oggi male e bene non hanno più nettezza. Viviamo in una società antieroica e il male viene operato per superficialità, quasi per gioco. Si attivano meccanismi sadici: pensiamo al barbone dato a fuoco, l'irresponsabilità nella guida, lo stupro. Non patologie ideologiche, ma superficialità e soprattutto indifferenza. Oggi si pratica il male per inerzia".
L'intervista completa sul numero di gennaio-febbraio della Rivista del Cinematografo in edicola.