IL FIGLIO DI SPARTACUS

ITALIA 1962
Per volere di Cesare, un centurione capeggia la rivolta degli schiavi della Lidia contro il malvagio Crasso. E scopre di essere figlio dell'eroe gladiatore. Sulla scia dei film su Spartaco di Freda ('53) e Kubrick ('60), un peplum antico-romano e non mitologico-greco, con la presenza di Reeves, il più celebre Ercole del cinema, da poco scomparso.
SCHEDA FILM

Regia: Sergio Corbucci

Attori: Gianna Maria Canale - Claudia, Ombretta Colli - La Schiava Seila, Enzo Fiermonte - Gulbar, Ivo Garrani - Giulio Cesare, Claudio Gora - Crasso, Steve Reeves - Rando, Jacques Sernas - Vetius, Roland Barthrop - Lumone, Assan Ahmed, Benito Stefanelli, Giovanni Cianfriglia - Legionario Con La Frusta, Franco Balducci - Vero, Gloria Arrisi, Renato Baldini - Verulo

Soggetto: Adriano Bolzoni

Sceneggiatura: Bruno Corbucci, Sergio Corbucci, Adriano Bolzoni, Giovanni Grimaldi

Fotografia: Enzo Barboni

Musiche: Piero Piccioni

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Scenografia: Ottavio Scotti

Durata: 92

Colore: C

Genere: AVVENTURA

Specifiche tecniche: CINEMASCOPE EASTMANCOLOR

Produzione: TITANUS

Distribuzione: TITANUS

NOTE
MUSICA DIRETTA DA PIER LUIGI URBINI.
CRITICA
Questi "peplum" italiani avevano sempre qualcosa di particolarmente buffo che, bene o male, li faceva rimanere nella memoria. In questo caso, dato per scontato il mestiere di Corbucci, la cosa di gran lunga piu' buffa è il nome del protagonista: Rando. Un eventuale seguito avrebbe cosi' potuto intitolarsi "Rando 2". (Francesco Mininni, Magazine italiano tv) Usando tutti gli ingredienti tipici del film pseudostoricoavventuroso, l'autore ha realizzato un film movimentato a sufficienza e non privo di qualche efficace pagina spettacolare. La vicenda pecca d'ingenuità e scontato appare il finale, come del resto ovvie appaiono alcune svolte narrative. Discreta la fotografia a colori, anonima l'interpretazione. (Segnalazioni cinematografiche) "Questo film si situa al livello di altri cui i cineaste a corto di idee, ma di "grossa borsa", hanno da tempo invaso gli schermi (...)". (C. Cobast, "Saison '64", Parigi, 1964).