“Una bella famiglia disfunzionale che deve riunirsi per fare sistema”. Così sintetizza lo stato del cinema italiano Piera Detassis, Presidente dell’Accademia del Cinema Italiano, una delle tante ospiti del convegno “La produzione che verrà”, organizzato da Audiovisivo Italiae (Cultura Italiae) e Fondazione Ente dello Spettacolo presso lo Spazio Cinematografo alla Mostra del Cinema di Venezia. Un’occasione rara per mettere insieme i maggiori protagonisti del settore per dare uno sguardo sul futuro della produzione in Italia.

A fare gli onori di casa, mons. Davide Milani, presidente FEdS e direttore di Cinematografo: “Questo spazio è la casa della Chiesa Italiana, sentiamo la responsabilità di portare questa voce a Venezia. Il cinema ci permette di condividere le speranze, i sogni, i bisogni dell’umanità. Non si tratta di fare catechismi e indottrinare ma significa raccontare la bellezza della vita”. A introdurre il convegno, Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra: “La Mostra non è una finestra sul presente ma sul futuro. È importante ragionare oggi su quello che sta accadendo per affrontare ciò che sarà domani” rifletto, lui che in passato non si è tirato indietro nel ragionare sul tema della produzione in Italia.

“Cultura Italiae crea le condizioni per prestare attenzione a ciò che accade quotidianamente nel mondo della cultura – spiega Angelo Argento, presidente di Cultura Italiae – e ovviamente il cinema ne è uno dei pilastri. La cultura non è solo motore di crescita etica ma anche di sviluppo economico e occupazionale”. A guidare Audiovisivo Italiae, la produttrice Maria Carolina Terzi: “Dall’anno scorso il panorama si è trasformato, stiamo navigando a vista e qualcuno non sa ancora come navigare. Un tema di questa giornata sono gli incentivi fiscali: i produttori non hanno la finestra aperta sul vecchio decreto e non sanno nulla del nuovo decreto. Il rischio è che le piccole barche si schiantino contro gli scogli”. Centrale nel convegno il tema dell’indipendenza: “Chi sono oggi i produttori indipendenti e dove andranno? – si chiede Terzi – È possibile pensare in grande anche per i produttori indipendenti? Esiste un sostegno per chi vuole costruire delle aziende?”.

i dati e i trend

È la ricerca di Robert Bernocchi a dare qualche risposta: “I dati sono utili per mettere in discussione le proprie opinioni. Qualche anno fa si prevedeva che nel 2022 l’incasso in sala sarebbe stato di 579 milioni, nel 2023 di 625. Nei fatti, nel 2022 sono stati 306, mentre per il 2023 ne prevedo 430. E lo sciopero non ci permette di fare previsioni per il 2024”. E sullo sciopero: “Si sostiene che le piattaforme stiano facendo un sacco di soldi, chi sciopera ritiene giusto che questi guadagni siano divisi con tutti i soggetti coinvolti. Che stiano facendo un sacco di soldi in realtà non è vero. L’eccezione è Netflix, le altre hanno costi talmente enormi che è difficile parlare di profitti. E infatti stanno vivendo un periodo di riflessione. I costi per minuto per alcune non sono più sostenibili. Le piattaforme così come sono cambieranno, forse qualcuno sparirà. Tante aziende hanno cercato di imitare il modello di Netflix: il risultato è che hanno perso tanti soldi”.

andreatta: “ascoltare i desideri che il pubblico non sa di avere”

E le piattaforme che dicono? “Dobbiamo aumentare le ambizioni dei nostri contenuti – afferma Eleonora Andreatta, Presidente Unione Editori Media – Anica – e promuovere uno scambio di competenze tra cinema e serialità. La nostra ricchezza è la diversità linee di editoriali: dobbiamo offrire servizio plurale, anche perché la serialità internazionale ci impone di essere migliore. Perciò dobbiamo metterci in ascolto di quei desideri che il pubblico non sa di avere”.

marzotto: “In italia problema di genere e di generi”

“Mi chiedo se sappiamo davvero cosa il pubblico vuole da noi – ragiona Marina Marzotto, presidente di AGICI – Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti – e forse in un mercato del genere i produttori indipendenti possono avere il lusso di sperimentare e fare ricerca. Si parla sempre troppo poco del nostro contenuto principale: i talenti. Il business senza talento non si fa. Mi piacerebbe che ci fosse veramente un corridoio per il talento”. E non solo: “In Italia abbiamo un problema di genere e di generi. Produciamo il 42% di commedie e più o meno la stessa quantità di film drammatici: 84% di produzioni appiattite sullo stesso genere. Eppure, vedendo i risultati, solo 13 commedie su 61 si sono piazzate sopra i 300mila euro al boxoffice. Dobbiamo premiare chi ha progettualità. Invece, al momento, si parla tanto di merito ma alla fine a tutti piace il credito”.

habib: “in italia anatroccoli, all’estero cigni”

Su cosa sia un produttore indipendente si interroga anche Benedetto Habib, Presidente Unione Produttori – Anica: “Non c’è una definizione. La sfida è stare nel mercato in modo autonomo. In Italia, al contrario dell’estero, è molto difficile trovare risorse: a casa brutti anatroccoli, fuori dei cigni. Eppure sul piano dei talenti avremmo tutti i requisiti. Così facendo rischiamo di non poter competere nel mercato europeo mondiale.Il contesto sta diventato sempre più complesso, il pubblico sta cambiando, il gusto sta evolvendo. Quando ragioniamo di cinema abbiamo un’assenza di interlocutori: stiamo sperimentando nuovi generi ma dobbiamo capire chi c’è dall’altra parte. E dobbiamo capire come intercettare i giovani”.

curti: “basta fare produzione solo perché c’è un fondo in scadenza”

Ma si torna sempre al tema economico: “La sfida del settore – spiega Gianluca Curti, Presidente Nazionale - CNA Cinema e Audiovisivo – è un accordo sul primo sfruttamento dopo la sala che sia coerente con i conti. E poi troppo spesso al cinema si gira con sceneggiature che hanno avuto poche stesure, al contrario della televisione in cui c’è un lavoro più lungo. Sostanzialmente si fa in produzione perché c’è un fondo in scadenza. Dopodiché comunichiamo i nostri film troppo tardi: un marketing migliore ha bisogno di risorse economiche”.

cacciamani: “i creatori digitali sono veri editori”

Dal digitale, le nuove frontiere della narrazione: “Il creatore digitale è un grande narratore di storie che crede nella tecnologia, intelligenza artificiale e realtà aumentata in primis – spiega Manuela Cacciamani, Presidente Unione Editori e Creators Digitali – Anica – ed è sempre più vicino al mondo dell’audiovisivo: penso ai film dei Me contro Te, alla serie dei The Jackal, allo special televisivo dei Pooh che su RaiUno ha raccolto ottimi ascolti nella fascia giovanile. Siamo diventati i veri editori ed è necessario investire su queste creatività che producono risultati economici”.

giorgianni: “Siamo imprenditori culturali”

Il tema delle risorse è legato alle presenze insala: “Bisogna tenere conto del pubblico di riferimento – rifletta Gloria Giorgianni, consigliere APA – Associazione Produttori Audiovisivi – perché noi siamo imprenditori che contribuiscono a formare identità culturale del Paese. Il nostro settore deve essere considerato ‘made in Italy’: è l’unico che cresce ma è in crisi, ha un sistema valoriale che gli permette di accogliere le grandi multinazionali e far crescere i produttori indipendenti. Grazie all’investimento pubblico i produttori indipendenti sono diventati eccellenze nel mondo. La nostra è un’industria che crea indotto. Non accetto che la figura del produttore sia al centro di tutti questi attacchi da parte di chiunque, dagli autori ai committenti: è colui che si rende sintesi creativa e finanziaria e tiene saldo il progetto. È una figura che ha un valore culturale, sociale e politico”.

cosa vuol dire essere indipendenti?

Ma cosa vuol dire essere produttore indipendente? “È un concetto che è mutato nel tempo – spiega Alberto Pasquale, docente e Direttore dell'Umbria Film Commission – ma potremmo sintetizzarne alcune caratteristiche: una figura della piccola o media impresa che non risponde alle regole del mercato, dispone di pochi soldi, affronta temi insoliti, promuove la ricerca e lo sviluppo. Un film indipendente non è finanziato da una major e propone una visione sfidante. Oggi le società indipendenti sono state acquisite da quelle più grandi: l’obiettivo è avere maggiore potere negoziazione, sviluppo della produzione e benefici fiscali”.

ammirati: “dare la ‘caccia’ ai giovani, non basta mare fuori”

E sul futuro dell’impresa parlano i principali esponenti del settore. “Il futuro della serialità – dice Maria Pia Ammirati, Direttore di Rai Fiction – si avvicina sempre di più al cinema: la Rai occupa il 74% del mercato, ogni anno lavora con almeno quattro nuove società. Gli streamer hanno sempre più investimenti, nel 2027 supereranno la Rai. Se il cinema è in difficoltà, lo stesso non si può dire della serialità: deve esserci un’alleanza, oggi siamo in un periodo di contrazione e l’impresa deve crescere sia sul piano del budget e sia su quello dei valori. Dobbiamo dare la ‘caccia’ ai giovani: non basta Mare fuori, servono più prodotti fatti per loro. E promuovere l’internazionalizzazione: vendiamo sempre di più all’estero”.

del brocco: “parte del canone Rai all’audiovisivo”

Per Paolo Del Brocco, Amministratore Delegato di Rai Cinema, “per assurdo, la pandemia è stato un momento esaltante per il sostengo dato alle sale e alla produzione. Il governo ha fatto molto, chiediamo solo di mantenere il supporto anche se siamo consapevoli della criticità nei conti, dell’impigrimento del pubblico, della standardizzazione dei contenuti. Per permettere lo sviluppo, si devono incentivare le tutele per i produttori italiani. E, come sempre, chiedo che una parte del canone Rai, almeno 2-300 milioni, sia destinato all’audiovisivo”.

letta: “rischio per il futuro? meno creatività e sperimentazione”

Sul fronte Medusa, c’è il vicepresidente e amministratore delegato Giampaolo Letta: “Un anno fa c’erano tante incognite e inquietudini, oggi il bilancio positivo ma non nascondo la preoccupazione per il futuro. Abbiamo il dovere di guardare avanti: ci saranno meno investimenti e più selezione, il rischio di una minore creatività e di una minore sperimentazione. Sarà una questione di creatività più che di budget, perciò auspico una vera pianificazione”.

borrelli: “si ragiona con schemi superati”

Nicola Borrelli, direttore della Direzione Cinema e Audiovisivo: “Dobbiamo chiederci cosa vuole vedere il pubblico. La sensazione è che si ragioni con schemi superati, pre-pandemici. E i dati ci dimostrano che i frequentatori delle sale sono anche fruitori piattaforme. È un contesto in continua trasformazione: prima gli indipendenti avevano poco potere contrattuale, oggi hanno assunto più forza”.

maccanico: “cinecittà è a disposizione di tutti”

La produzione in Italia ha un luogo elettivo in Cinecittà: “Non è solo questione di soldi ma se non ci sono soldi è un problema – spiega l’amministratore delegato Nicola Maccanico – siamo stati bravi a trovare un’interlocuzione con il pubblico, oggi dobbiamo interrogarci sulle mutazioni. Il cinema deve diventare attraente. Cinecittà è un’infrastruttura sistema che funziona, fa incassi record ed è a disposizione di tutti”.

rutelli: “lo scioperò americano avrà un impatto anche da noi”

“Quando ero ministro dei Beni Culturali e introdussi il tax credit – ricorda Francesco Rutelli, oggi Presidente ANICA – non potevo immaginare che si sarebbe dovuto trasformare in così breve tempo. Abbiamo bisogno di interpretare i cambiamenti in tempo reale e il governo deve dare regole certe. Lo sciopero avrà un impatto anche da noi: ormai si è capito che la sala non è un accessorio del passato”.

detassis: “troppa dispersione e implosione comunicativa”

Ed è Detassis a offrire una lettura originale all’incontro, moderato da Concita De Gregorio (direttrice di The Hollywood Reporter Roma) e a cui ha preso parte anche Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati: “Le tanto contestate piattaforme hanno fatto bene alla percezione del cinema e del film: il lungo silenzio della pandemia ha determinato un cambiamento nei valori, ha scremato il gusto del pubblico grazie alle serie e alle versioni originali. Gli spettatori hanno capito cosa vogliono vedere in sala. Le otto montagne e Barbie sono due film molto diversi che ci dimostrano cosa cerca il pubblico per uscire di casa: dibattito e rifrazione. Penso si debba saper distinguere quale film si sta producendo, che non serve produrre meno ma conoscere la destinazione dei film. Vedo troppa dispersione e un’implosione comunicativa che produce disvalore: troppi film sono lasciati da soli nella mischia”.