Quando si parla di Woody Allen pensiamo subito ai film: Io e Annie, Manhattan, Crimini e misfatti, Match Point. Ma c’è un altro Woody, fatto di pagine, battute, aneddoti, interviste e autoanalisi comiche e spietate, che merita una vera e propria biblioteca dedicata.

Dieci libri per entrare nella sua testa, nel suo ritmo, nella sua mitologia privata: dall’umorismo “New Yorker” agli autosabotaggi del romanziere, dalle conversazioni con i critici alle memorie difensive di A proposito di niente. Ecco da dove cominciare (o ricominciare) se volete farvi una discoteca, pardon, una biblioteca alleniana come si deve.

Saperla lunga (Bompiani, 100 pagine, 1973)

È il Woody ancora solo di carta, prima del cinema, quando il suo regno sono le colonne del New Yorker e le riviste umoristiche. Saperla lunga è il distillato di quell’epoca: parodie mostruosamente intelligenti del giallo hard boiled alla Spillane (con Dio come vittima), delle memorie letterarie anni Trenta tra la Parigi di Gertrude Stein e l’Africa di Hemingway, di rivoluzionari cubani falliti e di psicanalisti onnipresenti.

Dentro queste pagine c’è già tutto: il gusto per il pastiche, il gioco con la cultura “alta” ridotta a materiale da cabaret, la psicoanalisi presa in giro e praticata nello stesso tempo. È il laboratorio segreto dell’umorismo alleniano: prima che arrivino Prendi i soldi e scappa, Il dittatore dello stato libero di Bananas e Provaci ancora, Sam, c’è questa prosa che danza sull’orlo dello snobismo e ci ricorda che Woody Allen è, prima di tutto, uno scrittore di idee.

Woody Allen. Parole e immagini (Bompiani, 288 pagine, 1993)

Più che un libro, un album di famiglia. Woody Allen. Parole e immagini mette insieme scene di film, fotografie, brani di sceneggiature, monologhi, saggi, citazioni dai suoi scritti. Il risultato è una sorta di autobiografia per frammenti, dove testi e fotogrammi si richiamano a vicenda.

Qui si può vedere, letteralmente, come il pensiero alleniano prende forma: una battuta in uno sketch di stand-up che diventa dialogo in Io e Annie, un’ossessione filosofica che ritorna in Crimini e misfatti, un’inquadratura che racconta più di una pagina di diario. È il volume ideale da tenere sul tavolo e sfogliare: una mappa visiva e testuale per cogliere continuità, variazioni e auto-citazioni disperse in decenni di cinema.

Dio come sono depresso! 135 battute (Stampa Alternativa, 32 pagine, 1999)

La forma più pura di Woody Allen: la battuta. In questo libretto sono raccolte 135 punchline tratte dai suoi film, condensando in poche righe la sua filosofia comica, insieme esilarante e tragica.

È il breviario minimo dell’allenismo: la paura della morte, la sfiducia in Dio, la sfiducia in se stesso, l’amore vissuto come catastrofe annunciata, New York come malattia cronica, il corpo come fallimento permanente. Leggerle in fila significa sentire il ritmo della sua testa, capire come un’intera visione del mondo possa precipitare in una sola frase, una specie di “Qoèlet da cabaret”. È il libro da tirare fuori la sera in cui tutto sembra andare storto: non aggiusta niente, ma almeno mette le disgrazie nella giusta prospettiva. Cioè in una battuta che fa ridere e, un secondo dopo, pensare.

Conversazione con Woody Allen (Einaudi, 148 pagine, 2001)

Dieci anni di incontri parigini con Jean-Michel Frodon, uno ogni Natale: da questo rituale nasce Conversazione con Woody Allen. Il regista parla del proprio cinema con un tono quasi domestico: racconta come sceglie gli attori, perché torna ossessivamente su New York, come pensa le inquadrature, quanto contano per lui le battute e i silenzi.

È il libro perfetto per chi vuole capire “come lavora” Allen senza perdersi in tecnicismi. La sua Manhattan è insieme set, ossessione e autobiografia; il suo umorismo ebraico è, più che un marchio identitario, un modo di sopravvivere al nonsenso del mondo. Tra un aneddoto e l’altro, si intravede il filo profondo che unisce Prendi i soldi e scappa a Hannah e le sue sorelle, Stardust Memories a Crimini e misfatti.

La lampadina galleggiante (Bompiani, 96 pagine, 2004)

Un ragazzo, una stanza, il buio. E all’improvviso una lampadina che si accende e… galleggia nell’aria. Non è un numero di magia qualunque: è la metafora più limpida di cosa sia l’immaginario alleniano. La lampadina galleggiante è un testo teatrale piccolo e perfetto, un racconto di formazione e illusionismo che parla di aspirazioni, fallimenti, famiglie complicate e sogni che non si lasciano spegnere.

La lampadina che non è attaccata a nessun filo è un’immagine che sembra uscita da La rosa purpurea del Cairo: la fantasia che irrompe nella realtà, per illuminarla e, insieme, smascherarla. È il libro giusto per capire quanto teatro c’è nel suo cinema e quanto cinema c’è in questo suo teatro: lo spazio chiuso, i dialoghi serrati, il gioco continuo tra quello che i personaggi dicono e quello che non sanno di dire.

Conversazioni su di me e tutto il resto (Bompiani, 618 pagine, 2008)

Eric Lax è il biografo “di fiducia” di Woody Allen. Per oltre trent’anni ha avuto accesso ai set, agli uffici, alle telefonate, agli umori del regista. Conversazioni su di me e tutto il resto è il risultato di questa fedeltà: un libro monumentale in cui Allen parla (quasi) di tutto, dal 1971 al 2007.

Qui trovate il Woody privato: le depressioni, le manie, il jazz, Freud, le donne, gli attori feticcio, i film che ama (e che detesta), i progetti mai realizzati, la relazione con Soon-Yi e la frattura con Mia Farrow. Nessun compiacimento da cronaca rosa: è sempre il Woody ironico, iperlucido, capace di infilare una battuta cinica in mezzo alla confessione più delicata. È il libro che, più di tutti, restituisce la voce viva dietro la maschera del personaggio e permette di sentire quanto poco divario ci sia tra Allen e i suoi alter ego sullo schermo.

A proposito di niente (La nave di Teseo, 400 pagine, 2020)

L’autobiografia che ha fatto discutere mezzo mondo. A proposito di niente è il tentativo di Woody Allen di raccontare la propria vita secondo il proprio montaggio: l’infanzia a Brooklyn, le prime battute vendute da ragazzino, la radio, la televisione, il teatro, il cinema, gli amori, gli errori, i premi, le statue, le cause, i processi mediatici.

È un libro che mescola difesa, autoironia e narcisismo. Vale la pena leggerlo non per “sapere come sono andate davvero le cose”, ma per capire come Allen sceglie di raccontarle. Il tono passa continuamente dal ricordo nostalgico alla gag, dalla tenerezza per Diane Keaton all’ironia feroce sui propri fallimenti. Che ci si creda o no, è un tassello indispensabile per orientarsi nella zona grigia in cui la biografia reale si sovrappone ai personaggi dei suoi film.

Woody Allen su Woody Allen (Cue Press, 326 pagine, 2022) 

Chiunque ami i suoi film dovrebbe passare da qui. In Woody Allen su Woody Allen il regista dialoga con Stig Björkman, uno dei critici europei che meglio hanno saputo “leggere” il suo cinema. È la guida più chiara e compatta alle tappe fondamentali della sua carriera: dai giorni da stand-up comedian alle svolte bergmaniane, da Io e Annie e Manhattan a Crimini e misfatti e Match Point.

Il valore aggiunto? L’attenzione ai dettagli del mestiere: il lavoro sul set, il rapporto con gli attori, il ruolo della musica, la passione per il jazz e per Bergman, la diffidenza per Hollywood. Ne esce il ritratto di un autore che si fida solo del proprio istinto, che considera ogni film un esperimento, che vive il successo come un effetto collaterale, non come un obiettivo.

Pura anarchia (La nave di Teseo, 176 pagine, 2023)

Se volete il Woody più sfrontato e contemporaneo, eccolo qui. Pura anarchia è una raccolta di racconti in cui l’autore si diverte a far esplodere qualsiasi contesto: un musical nella Vienna di Freud, Mahler e Kokoschka; ristrutturazioni domestiche che diventano incubi metafisici; pantaloni ipertecnologici; un musicista squattrinato che paga lo psicanalista in canzoni; Topolino che analizza le dipendenze di Pippo.

È il Woody degli ultimi anni che gioca con l’era digitale e l’immaginario pop, ma sempre con la stessa arma: la nevrosi come lente sul mondo. I racconti sono corti, taglienti, fatti di calembour e situazioni che sembrano outtakes dei suoi film, con personaggi che potrebbero passare tranquillamente da Io e Annie a Midnight in Paris senza cambiare neurochimica. Un Allen meno “classico”, ma ancora perfettamente riconoscibile.

Che succede a Baum? (La nave di Teseo, 224 pagine, 2025)

Il primo romanzo di Woody Allen è, ovviamente, la storia di uno scrittore in crisi. Asher Baum è un giornalista ebreo di mezza età, passato ai romanzi filosofici, divorato dall’ansia, snobbato dalla critica, mollato dall’editore, terrorizzato dall’idea che la moglie lo tradisca (magari con il fratello più bello e più di successo), ossessionato dal figlio “più affermato” di lui.

In perfetto stile alleniano, la trama infilza il mondo editoriale di New York, i narcisismi degli intellettuali, le paranoie familiari e un segreto “esplosivo” che può distruggere il matrimonio o la già precaria dignità del protagonista. Che succede a Baum? è la versione romanzesca di un suo film ideale: pensate a un incrocio fra Crimini e misfatti, Mariti e mogli e Radio Days, scritto con la libertà assoluta di chi non deve rendere conto a un produttore.

È, in fondo, l’ultimo capitolo (per ora) del grande romanzo di un nevrotico newyorkese che da sessant’anni racconta il mondo partendo sempre dallo stesso posto: da un uomo che guarda la propria vita come se fosse una commedia, e teme continuamente che sia, in realtà, una tragedia.