Jack Conrad: I think what we have here in Hollywood is high art. It's...
Nellie LaRoy: Party time, sparkle cocks!

Babylon
di Damien Chazelle non è il film che la critica americana ha, per lo più, distrutto. Entra nella Mecca muta che fu senza rispetto, esibendo na
ïveté da cartoon e volgarità nichilista, ma ne esce con il cuore a pezzi, i timpani esausti e la fantasmagoria smargiassa di chi crede, ancora oggi, nel Cinema.

Per molti versi è il film che The Fabelmans non è riuscito a essere, perché Chazelle a differenza di Steven Spielberg fa dell'eccezione la regola, che è il requisito primo dell'amore: si sporca le mani o, meglio, imbratta memoria e immaginario, non preserva ma dissipa, tarantineggia ma ancor più si scopre dantista, ché è in the mood for love, ma la morte prevale.

Star spacciate dal sonoro (il Jack Conrad di Brad Pitt), star(lette) effimere (Nellie LaRoy di Margot Robbie), bravi ragazzi perdutamente innamorati (il Manuel/Manny Torres di Diego Calva), trombettisti neri costretti al blackface (il Sidney Palmer di Jovan Adepo), ogni cosa è illuminata, ma la tonitruante colonna sonora di Justin Hurwitz – premiata ai Golden Globes – dissimula il De profundis, il canto del cigno di uno showbiz all’apogeo della decadenza.

Che peccato che Babylon non sia andato oltre i 13 milioni di dollari negli Usa, forse pagando l’oltraggio depravato e, ehm, scanzonato alla Storia. Reato di lesa maestà , brucia, ma brucia di idiozia: nella Hollywood corrente, nell’audiovisivo globale del 2023 l’opera scritta e diretta da Chazelle lavora di contrappunto e (pena del) contrappasso, eleva a potenza la crisi incipiente, quella di allora per quella di oggi, muovendosi su coordinate che nella critica di costume – la notista di gossip Elinor St. John incarnata da Jean Smart non si batte – trovano l’analisi di sistema.

Lode a Chazelle, che rischia di stare anni a spasso dopo cotanto flop, lode a Paramount, che con questo e Top Gun: Maverick centra l’ambo cinematografico d’antan - e cinefilo tout court - dell’anno, e lode ai membri dell’Academy che da oggi al 17 gennaio voteranno per le nomination ai 95esimi Oscar. Per riattizzare il futuro serve riconoscere il presente nell’urna, dunque distinguere il successo di Avatar 2 (qui ricordato nella cura Ludovico finale...), l’exploit di Top Gun 2, il folle volo e la fessa caduta di Babylon, ovvero la disperata presa su un cinema che non è più ma è ancora.

Altrimenti anche per le statuette si va per la perduta gente, gli sparuti spettatori, l’hype posticcio, le minoranze iper-identitarie, i Millenial-ismi e il woke a uso marketing e viceversa: da Everywhere All at Once a RRR e Aftersun, c’è l’imbarazzo - non solo - della scelta.

Ah, Brad Pitt meriterebbe l'Oscar da non protagonista. Vedere per credere: dal 19 gennaio in sala.