Cinque film all'attivo (il primo è l'indipendente Guy and Madeline on a Park Bench del 2009, inedito da noi seppur ospitato a suo tempo al Festival di Torino), 38 anni da compiere a breve - il 19 gennaio, proprio in concomitanza con l'uscita italiana del suo ultimo Babylon - primo cineasta della storia ad aggiudicarsi l'Oscar per la migliore regia a soli 32 anni con La La Land, Damien Chazelle sa ogni volta come stupire.

Per la prima volta, però, e con il suo film più costoso, Babylon appunto, non è riuscito ad ottenere i soliti, trasversali consensi. Negli States critiche divisive e incassi al lumicino hanno già decretato che il film è un flop colossale.

Sul nostro sito, già da parecchi giorni, trovate la recensione del film e il motivo per cui, invece, Babylon sia non solo un film da vedere ma da difendere con forza.

In questa sede ci concentriamo piuttosto su un particolare, non di poco conto e che naturalmente vi invitiamo a non leggere finché non avrete visto il film, relativo ad una meravigliosa assonanza tra finali, destinati a rimanere impressi nella memoria.

Lo struggente Epilogue di La La Land - contrappuntato dal sensazionale lavoro musicale di Justin Hurwitz che assembla in un medley turbinoso l'intera colonna sonora del film - è uno dei "what if" più toccanti della storia del cinema.

Storia, quella del cinema, che ritorna nella travolgente chiusura "emotiva" di Babylon, con il personaggio di Manny (Diego Calva) che dopo oltre vent'anni torna a Los Angeles e si ritrova a tu per tu con il grande schermo: Gene Kelly canta e balla in Singin' in the Rain, film grimaldello, spartiacque, che apre il suo sguardo su ciò che era stato e su cosa sarà.

Diego Calva in Babylon
Diego Calva in Babylon

Diego Calva in Babylon

Esperienza paragonabile forse al viaggio nelle luci di 2001: Odissea nello spazio: stavolta la luce è quella catturata dalla tela, il movimento è quello di un altro, straordinario medley, non (più solo) musicale (con Justin Hurwitz ancora una volta stratosferico, fresco di Golden Globe per lo score, il quarto, a 38 anni) ma cinematografico, con frammenti, scene, il cinema che fu, che è, che sarà (Avatar...).

Per ricordarci non tanto quello che abbiamo visto nelle 3 ore precedenti, ma per ribadire quanto, dagli albori di questa arte - ultracentenaria ma sempre tremendamente giovane - siamo tutti parte di un ingranaggio, un immaginario immortale: inghiottiti da quel vortice di luce che ci costringe a tenere gli occhi spalancati, rigati dalle lacrime.

Come le gocce di sangue sui piatti della batteria alla fine del crescendo-assolo mozzafiato di Whiplash e il continuo rimbalzo di sguardi tra l'allievo (Miles Teller) e il maestro (J.K. Simmons), come il riflesso su quel vetro che separa e amplifica l'amore e la siderale distanza tra Neil Armstrong (Ryan Gosling) e sua moglie Janet Shearon (Claire Foy) in First Man.

Ryan Gosling e Claire Foy in First Man
Ryan Gosling e Claire Foy in First Man

Ryan Gosling e Claire Foy in First Man

E si ritorna a La La Land, a quel guardare oltre che permette a Mia (Emma Stone) di astrarsi da quella platea e ritrovarsi in uno scorrere di vita "altra" al fianco dell'amato Sebastian (sempre Gosling), che però, in realtà, è fermo su quel palco a suonare. Epifania malinconica, rimbalzo di sguardi - again... - The End.