Il 7 agosto presenterà Delta, il nuovo film di Michele Vannucci che concorre per il Premio del Pubblico in Piazza Grande al Locarno Film Festival, da lui prodotto insieme a Matteo Rovere (Groenlandia) con Rai Cinema. È Giovanni Pompili, produttore di Kino Produzioni, e fresco vincitore dell’Orso d’Oro all’ultimo Festival di Berlino con Alcarràs della regista catalana Carla Simón. Lo abbiamo intervistato in attesa di vedere il prossimo film, interpretato da Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi e ambientato sul delta del Po, dove il fiume diventa teatro di uno scontro tra bracconieri e pescatori.

Contento della selezione di Delta a Locarno?
Moltissimo. Il posizionamento del film a Piazza Grande, accanto a titoli come Bullet Train o You Will Not Have My Hate, è un’immensa soddisfazione. In questa enorme sala all’aperto, un pubblico di 8.000 spettatori festeggia l’esperienza collettiva della visione cinematografia, e stare in questa selezione conferma il senso del percorso del film. Ho cominciato a lavorare diversi anni fa con Michele Vannucci. Il suo Il più grande sogno del 2016 è stato il primo lungometraggio di finzione che ho prodotto. Michele è un regista che ha la capacità di immergersi nei luoghi e nelle situazioni per raccontarle dall’interno, ed è quello che fa anche nel suo ultimo film. Con Delta ha sperimentato con il genere ed è riuscito a fare un film profondamente coerente con il suo percorso autoriale e al tempo stesso capace di rivolgersi ad un pubblico più ampio, anche grazie al coinvolgimento di attori quali Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio.

Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio in Delta (credits: Paolo Ciriello)
Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio in Delta (credits: Paolo Ciriello)

Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio in Delta (credits: Paolo Ciriello)

Il 2022 è stato un anno ricco con l’Orso d’Oro ad Alcarràs. Ve lo aspettavate? Cosa ti ha spinto a co-produrre il film?
Assolutamente no. È stata un’emozione incredibile. Quella sera non indossavo neanche la camicia, avevo una maglietta, per fortuna con la giacca sopra sono sembrato un po’ più elegante (ndr. ride). Non avevamo avuto neanche il tempo di pensare ai premi, siamo arrivati a Berlino con un final cut chiuso da pochissimo. Ma su Carla Simón non ho mai avuto dubbi. Mi aveva colpito il suo sguardo e la sua capacità di lavorare con i bambini. Avevo visto il suo primo film: Estate 1993. Lì raccontava la sua storia personale e ci aveva messo dentro il suo passato e le sue emozioni. È un film che vinse anche come miglior opera prima a Berlino. La incontrai nel 2019 al Torino Film Lab, stava scrivendo il progetto di Alcarràs, e da lì la iniziai a corteggiare.

Il film è uscito in Itala a fine maggio e ancora è presente in qualche sala. Che cosa lo rende speciale?
Il film segue le vicende della famiglia Solé che vive da generazioni coltivando le pesche. La terra era di un possidente catalano che l’aveva data loro in comodato d’uso. Alla morte del proprietario, l’erede rivuole quella terra per installare un campo fotovoltaico. Si parla delle contraddizioni del contemporaneo dove in un mondo che cerca di categorizzare tutto in bianco e nero ci troviamo in una storia in cui la transizione ecologica distrugge l’economia agricola, rurale, familiare, perché più redditizia. È un film corale con attori non professionisti ma soprattutto è un film politico, che parte dall’intimo delle dinamiche familiari che possono parlare ad ognuno di noi.

Alcarràs

In base a quali criteri scegli cosa produrre?
Un progetto non mi deve lasciare indifferente. Mi deve emozionare. E poi deve poter parlare a tutti. Mi interessa ragionare su contenuti universali, non solo locali e che appartengono a una dimensione soltanto italiana. Per esempio Delta è un film d’autore ma è anche un film di genere, un crossover capace di raggiungere un pubblico ampio. True Colours (il venditore internazionale del film) lo ha già venduto in diversi territori tra cui la Francia, il Benelux e la Svizzera. È un film che partendo dal genere riesce a parlare di temi politici forti e attuali. Ti fa entrare nelle storie e riflettere su questioni più grandi sulle quali magari è difficile prendere posizioni.

Hai prodotto il bellissimo film Sole (tra l’altro vincitore del premio Discovery agli EFA, gli Oscar europei), quale il prossimo progetto di Carlo Sironi?
Stiamo lavorando al secondo film di Carlo. Sarà luminoso, diverso da Sole, meno distante. Racconta una storia ambientata nel 1997, in quelle prime estati dell’adolescenza durante le quali ti costruisci i ricordi. Si svolge in un’isola che stiamo costruendo a livello immaginario. Sarà un film emozionale, basato sui diari di alcune sue amiche di quel periodo. È scritto da Carlo con Silvana Tamma e i due personaggi principali sono due ragazzine di diciassette anni.

Sole

Altri film in cantiere?
A parte il già citato prossimo film di Carlo Sironi, ne abbiamo altri tre in preparazione e usciranno tutti nel 2023. Il prossimo film di Laura Luchetti s’intitolerà La bella estate ed è ispirato all’omonimo libro di Pavese. Laura ha la sensibilità e la capacità di lavorare con i ragazzi, cosa che ha dimostrato dai tempi di Fiore Gemello, ma anche con la recente serie Nudes. È stato difficile appropriarsi de La bella estate senza avere il timore reverenziale nei confronti di un libro così importante, ma l’unico modo per rispettare un autore è quello di farlo proprio e restituire una visione personale del suo lavoro. Abbiamo scelto Pavese oggi perché anche se è ambientato nel 1939, è molto attuale e parla del coraggio di seguire l’amore a prescindere dal genere. È un’educazione emotiva, sentimentale e fisica della scoperta del proprio corpo, nella quale la protagonista capisce che l’amore non va solo in una direzione, innamorandosi della sua migliore amica. È una storia che ha come protagonisti un cast eccezionale di ventenni e sarà girata ovviamente a Torino, le riprese partiranno a settembre. Poi ci sarà The Beautiful Imperfection diretto dal regista olandese Michiel Van Erp e basato sul best seller olandese (ancora inedito in Italia) di Arthur Japin. È ambientato nel ‘700. Racconta la storia di Lucia, il primo amore di Casanova. È una storia di emancipazione femminile. Da giovane Lucia rinuncia a Casanova perché è rimasta sfregiata dal vaiolo. Quando i due si rincontrano anni dopo lei indossa una maschera e lui senza riconoscerla la corteggia. L’art director è Erwin Olaf, vero genio della moderna fotografia del ritratto. È la storia di Casanova che viene ribaltata e vista dal punto di vista femminile. Infine Puán, il titolo prende il nome dalla sede della facoltà di filosofia di Buenos Aires. È una commedia politica, intelligente e ironica girata da una coppia di registi: María Alché (Familia Sumergida, 2018) e Benjamin Naishtat (Rojo, 2018). Il protagonista è un professore universitario di filosofia e la storia prende spunto da un nuovo modo di intendere l’insegnamento. È una riflessione sulla società dell’immagine nel nostro contemporaneo.

Sei anche responsabile del Green Film Lab. Che cos’è?
È un laboratorio che si occupa di istradare i produttori sulla costruzione di piani di sostenibilità e della certificazione di green film. Un progetto che si rivolge agli operatori dell’audiovisivo. Tutti i film hanno sempre un impatto ambientale e il nostro obiettivo è quello di limitarlo il più possibile e di rendere nel tempo le produzioni sempre più sostenibili. Per esempio eliminando l’utilizzo della plastica dal set.

Quanto è difficile essere un produttore indipendente in Italia?
Diciamo che non è semplice. Assistiamo in questo momento storico a una estrema polarizzazione del mercato audiovisivo. Da un lato i film evento ad alto budget, dall’altro i contenuti per le piattaforme. Il cinema d’autore, che segue altre logiche produttive, rischia di rimanere schiacciato. Lavorare con i finanziamenti pubblici funziona nella misura in cui viene riconosciuta la specificità culturale di determinate opere cinematografiche, e viene ribadita la volontà di finanziarle. Gli incentivi fiscali hanno dato impulso alla produzione ma principalmente a vantaggio dei contenuti destinati alle piattaforme. Il lavoro che facciamo noi produttori indipendenti, cucito su misura dei singoli progetti che seguiamo con attenzione in tutte le fasi di sviluppo e di produzione, ha visto invece negli ultimi anni un progressivo contrarsi delle capacità di investimento. Mi sono interrogato a lungo sulla possibilità di produrre prodotti seriali che seguano i trend del mercato, ma la verità è che quello che ci interessa, e che vogliamo continuare a fare, è sviluppare passo dopo passo prodotti che nascano da visioni autoriali. Lo possiamo fare anche lavorando con nuovi canali, perché no, ma credo sia importante lavorare su progetti con una propria personalità e identità. E penso che questo tipo di film continuerà ad avere un proprio pubblico in sala.