“Pensando a voi mi è venuta in mente la prima pagina della Bibbia, il racconto della creazione. Lo vediamo infatti scorrere quasi come un film, dove Dio appare autore e al tempo stesso spettatore. Egli inizia a comporre la sua opera allestendo ogni cosa: il cielo, la terra, gli astri, gli esseri viventi e infine l’uomo. È una storia di coinvolgimento, di bellezza e di passione: di amore. Ma al termine delle sue azioni creatrici, Dio compie un gesto sorprendente: diventa spettatore della sua opera, contempla quanto ha realizzato ed esprime il suo giudizio: «vide che era cosa buona». Ma per l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza la “recensione” è ancora più appassionata: «era cosa molto buona». In questa pagina sacra, cari amici, registi, attori, donne e uomini che lavorate nel cinema, possiamo trovare anche il senso del vostro lavoro culturale”.

Queste sono alcune delle preziose riflessioni che Papa Francesco ha consegnato a noi della Rivista del Cinematografo e della Fondazione Ente dello Spettacolo nell’udienza dello scorso febbraio. Parole che tracciano il nostro cammino e che ci portano da subito ad incentrare la riflessione del numero di aprile della Rivista proprio sul tema della creazione, della sua tutela e custodia.

Quella di Genesi è tra le più potenti “storie” mai raccontate: parla di Dio che entra nella vicenda terrena compromettendosi con ciò che crea, trovando nell’amore per le sue creature la sua libera ragione d’essere, a tal punto di assumere lui stesso la natura umana, in Cristo.

Il creato diviene così non solo elemento esterno a noi con cui fare i conti ma l’unica condizione grazie alla quale possiamo esistere: non è il semplice palcoscenico su cui ci muoviamo, è la realtà di cui partecipiamo. Nei fatti davvero è inteso così questo intreccio? Le emergenze climatiche e ambientali che decennio dopo decennio si manifestano in modo sempre più problematico rendono necessaria la riflessione a partire da quanto Francesco ci ha ricordato in udienza e alla luce di tutto il suo magistero, in particolare dell’Enciclica “Laudato sì”.

Come accade questo nel cinema? Un film quando sceglie di stare dentro la realtà può contribuire a completarla e illuminarla di senso, così come Dio, con la sua opera, ha completato “il giardino” e – ponendo l’uomo nel mezzo – gli ha dato significato pieno. Ad una condizione: che l’uomo sia sempre al centro della natura e non considerato ospite sgradito, da comprendere nella sua verità: un essere ad immagine e somiglianza di Dio. L’uomo è vertice della creazione non quando la sfrutta o la distrugge ma quando la custodisce e la promuove.

Il cinema può raccontare l’uomo nel suo corretto rapporto con il creato diffondendo un’autentica ecologia integrale a tutela del pianeta. Ogni volta che è costretto alla povertà, a forme di schiavitù, discriminazione e violenza è snaturata la sua verità, sono offese la sua dignità e l’immagine divina che reca: l’arte filmica può denunciare questi mali. Per questo Ente dello Spettacolo si impegna per il cinema che narra la persona nella sua integralità di grandezza e miseria e la mostra anche capace di esprimere i sentimenti migliori a cui tutti siamo abilitati: pace e fraternità, carità e amore, accoglienza e cura.

L’immagine del Dio spettatore evidenziata dal Santo Padre ci sollecita inoltre ad una riflessione su una forma di ecologia intima ma necessaria: quella dello sguardo. Per sette volte, nel già citato brano di Genesi incontriamo il Creatore che “approva” la sua opera: «Dio vide che era tôb». È un apprezzamento non solo funzionale, morale o estetico: “tôb” in ebraico significa anzitutto “buono” in opposizione a ciò che è “male”. C’è un rischio oggi nelle arti e nella comunicazione ed è quello di compiacersi cinicamente del racconto del male senza aprirsi ad alcuna possibilità di futuro buono.

Il cinema non può tacere la speranza, insita – più o meno reconditamente – nel cuore di ciascuno. Per i cristiani la speranza non è sentimento astratto ma ha un volto, quello di Cristo. È colui che ha camminato sulle nostre strade incontrando ciascuno, accogliendo i più deboli, portando perdono e vita, vivendo l’amore. Ha sperimentato su di sé il dramma del male ma con il suo modo di amare, fedele all’uomo e al Padre, ha sconfitto la morte risorgendo per sempre. Questo volto di speranza è una sfida per tutti, anche per chi non crede. L’amore che si dona vince il male, sconfigge la morte.

Il lavoro critico di cui noi di Ente dello Spettacolo siamo protagonisti si fonda su questo volto e compone i giudizi formali ed estetici con la valutazione della capacità del cinema di aprire il cuore dello spettatore al desiderio di restare dentro la realtà, prendersene cura, realizzare quel desiderio di bene che Dio ha per ciascuno. Senza fuggire da questo tempo e dalle nostre responsabilità, senza saltare – per stare ad alcuni ultimi discutibili premi Oscar – in improbabili multiversi.