A(H)I, A(H)I, A(H)I! Se ci pensate, ha dell’incredibile, e certamente dell’inquietante. Oggi alla fine di un testo, per esempio di codesto articolo, potreste, e forse dovreste, trovare un disclaimer, un’avvertenza circa l’impiego dell’Intelligenza Artificiale nella redazione dello stesso. Meglio detto, la nota a margine certifica la titolarità di quanto avete appena letto, ovvero ne discerne l’autore, umano o, appunto, informatico.

Facciamoci del male, andiamo avanti, che la questione è da far tremare i polsi: sono due anni e mezzo, precisamente dal 30 novembre del 2022, che non siamo più soli. Sì, potete intenderla anche fanta-scientificamente, tant’è: l’AI, per quanto ci riguarda, è una manifestazione, se non invasione tout court, aliena, e quantomeno – se non volete raffigurare emuli di E.T. e altre presenze dallo spazio profondo… – nella primigenia, latina accezione di altro, estraneo, se non avverso.

L’Intelligenza Artificiale non siamo noi, bensì – a voler essere precisi, l’IA è la disciplina, e non la prestazione, che studia eventualità e modalità di riproduzione dei processi mentali attraverso l’uso del computer – una realtà intellettivamente, financo intellettualmente, parallela, concorrente, confliggente - a meno di non considerarla simbiotica, e peggio dovremmo sentirci. Anche qui ci viene in aiuto Rimbaud: “Io è un altro”, noi siamo l’Intelligenza Artificiale – ma appunto c’è sempre meno reciprocità.

Che è successo ordunque quel 30 novembre del 2022? Chat GPT diventa disponibile al pubblico, segnando per I’AI il fondamentale passaggio dalla prevalente organizzazione di contenuti preesistenti all’incipiente generazione autonoma degli stessi. Due anni e mezzo più tardi, tenetevi, possiamo dirlo: gli esseri umani non sono più gli unici estensori della storia umana.

390736 11: Director Steven Spielberg, left, talks with actor Haley Joel Osment during the filming of \\\"A.I.\\\" (Photo Courtesy of Dreamworks/Getty Images)
390736 11: Director Steven Spielberg, left, talks with actor Haley Joel Osment during the filming of \\\"A.I.\\\" (Photo Courtesy of Dreamworks/Getty Images)
390736 11: Director Steven Spielberg, left, talks with actor Haley Joel Osment during the filming of "A.I." (Photo Courtesy of Dreamworks/Getty Images) (Getty Images)

Qualcun altro la sta scrivendo “per noi”, e il finale potrebbe non divergere troppo dalla fine. Catastrofici, apocalittici, luddisti? Probabilmente, ma non è un film, sebbene l’Artificial Intelligence (AI), o Intelligenza Artificiale (IA), si declini e coniughi nell’audiovisivo da più di un ventennio, tra folle e resurrezioni, deepfake e… scioperi.

Già, ne parliamo al presente, com’è giusto che sia, ma già nel 2000 Ridley Scott la impiegò per le scene di massa de Il Gladiatore, sostituendo alle danarose in carne e ossa le comparse digitali. L’anno seguente l’A.I. si sarebbe presa il titolo del film di Steven Spielberg, ereditato da Stanley Kubrick e modulato sul Pinocchio di Collodi.

Il “burattino” digitale è il Gollum del Signore degli Anelli, la riduzione tolkeniana firmata da Peter Jackson tra 2001 e 2003: motion capture e l’attore Andy Serkis per un sodalizio che destinato reiterarsi, da Lo Hobbit al Pianeta delle scimmie. Ottima per insufflare l’anti-specismo, l’A.I. provvede anche un elisir di eterna giovinezza, a partire dal Curioso caso di Benjamin Button, per la regia di David Fincher e la prova di Brad Pitt, nel 2008.

Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie
Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie

Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie

(Webphoto)

Diciassette anni dopo, quel de-aging fa quasi tenerezza: da The Irishman di Scorsese, con il boss ragazzino De Niro, a Gemini, con Will Smith fanciullo, fino a Here di Zemeckis, con Tom Hanks e Robin Wright tornati pischelli, l’upgrade tecnologico non conosce rughe. Né limiti: non solo l’inserimento di background, la rimozione di oggetti e l’applicazione di filtri, l’A.I. consente di modificare l’aspetto di un attore in tempo reale, con il face swap in presa diretta a cambiare connotati e calendario. Il passo successivo? Calmierare la morale, aprire al deepfake, che combina immagini e video esistenti e originali in una miscela suscettibile di pornografia e cyberbullismo: utente avvisato, mezzo dannato.

L’hybris computazionale va persino oltre, avocando a sé la resurrezione dei corpi. Cristo non si pensi di avare l’esclusiva, vedere, letteralmente per credere, anzi, ricredersi, Rogue One: A Star Wars Story del 2016, con Peter Cushing che rincarna il comandante della Morte Nera dopo essere deceduto nel 1994 - Il Corvo Brandon Lee e Oliver Reed nel Gladiatore hanno avuto medesimo trattamento post-mortem. Vivono e lottano con voi, viceversa, sceneggiatori, attori e doppiatori messi a repentaglio dall’AI: gli scioperi hollywoodiani del 2023, attuati (anche) per contenere usi e abusi dell’Intelligenza Artificiale nell’audiovisivo e nel gaming, hanno intimato l'alt ai sistemi di apprendimento automatico, ma esibito l’estrema vulnerabilità del comparto di fronte alla minaccia, per stare al tavolo di scrittura, di OpenAI e ChatGPT.

Il corvo - The Crow
Il corvo - The Crow

Il corvo - The Crow

(Rama Giusti)

E la legge, che fa? Stiamo sul nostro continente: circa l’utilizzo di contenuti protetti dal diritto d’autore per informare modelli di AI, la direttiva dell’Unione Europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale del 2019 consente ai titolari dei diritti di mantenere il controllo sui contenuti o di escluderli dai processi TDM (estrazione di testo e dati). Poi, il 21 maggio del 2024 il Consiglio dell’Unione ha approvato l’AI Act, che chiama gli operatori a rispettare il diritto d’autore dell’Unione e dichiarare i contenuti utilizzati per la formazione dell’AI.

Vi sentite tutelati? E allora sbizzarritevi con i modelli generativi: per i testi, ChatGPT, Gemini, Claude, Llama, Mistral e il controverso DeepSeek; per le immagini, Dall-E, Midjourney, Parti, Muse e Imagen; per i video, Sora e Veo. Targato OpenAI, Sora genera videoclip in base alle richieste dell'utente: dalla parola all’immagine in movimento, senza passare dal set. Già, il caro vecchio set: sostenne Ettore Scola in C’eravamo tanto amati: “Il futuro è passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti”. Era il 1974, sembra oggi: umana o artifiicale, è sempre questione di intelligenza.