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Daniele Vicari - Foto Fabio Lovino
(Cinematografo.it/Adnkronos) – In un'epoca che "vive le guerre come fossero videogiochi" e in cui "si prende posizione senza farsi domande", la storia di un assassino degli anni '70 può diventare un potente monito. Lo afferma con forza Daniele Vicari, regista di Ammazzare stanca. Autobiografia di un assassino, presentato nella sezione Venezia Spotlight all'82esima Mostra del Cinema.
Secondo il regista, la storia vera di Antonio Zagari, che si ribella al suo destino criminale, ci costringe a confrontarci con le grandi domande che oggi abbiamo smesso di porci. "Noi oggi non ci facciamo domande. Prendiamo posizione come se fosse una partita di tennis: sono a favore di Tizio e contro Caio", spiega Vicari.
"In questo schierarci, ci dimentichiamo di chiederci cosa significhi davvero quello che sta succedendo. Diamo per scontato che sia giusto fare una guerra, dopo che per 70 anni siamo stati educati all'idea che le guerre sono sbagliate".
Il regista mette in cortocircuito questo atteggiamento contemporaneo con la vicenda del suo protagonista. "Antonio viveva nell'era analogica, senza cellulari né computer. Pur essendo un assassino efferato, nato in una famiglia 'ndranghetista da cui non poteva fuggire, ha avuto la forza di porsi le domande fondamentali", continua Vicari.
"Attraverso la scrittura in carcere, che non è quella di uno scrittore ma di un ragazzo che cerca di mettere su carta qualcosa che lo riguardi, scopre una possibilità di guardare dentro se stesso e chiedersi: 'Chi sono io? Perché faccio quello che faccio?'".


Gabriel Montesi in Ammazzare stanca. Autobiografia di un assassino - Foto Fabio Lovino
Il titolo stesso del memoriale da cui è tratto il film, Ammazzare stanca, racchiude il cuore della riflessione. "Antonio si rende conto che uccidendo perde ogni volta qualcosa di se stesso. E cavolo, non è un intellettuale, non è un filosofo", sottolinea il regista. "Ci sono stati filosofi nel Novecento che hanno scritto sulla necessità di uccidere, e invece lui, un poveraccio, un illetterato, si fa domande più profonde. C'è molto da imparare, persino da un assassino".
Questa presa di coscienza si scontra con la nostra percezione anestetizzata della violenza. "Noi occidentali ci siamo abituati a vedere le guerre in televisione o sui computer, a pensarle come videogiochi. Questo è un grosso problema, perché poi, se ci cadono le bombe sulla testa, che facciamo?", provoca Vicari. "Il cinema non sempre ci aiuta, perché spesso non mostra le conseguenze dell'uccidere. Avere la consapevolezza della tragicità e dell'irreversibilità di quell'atto è una coscienza altissima. Per questo ho deciso di fare un film dal suo libro".
Infine, la ribellione di Antonio diventa un simbolo universale di liberazione dalle aspettative, non solo familiari ma sociali. "Lui ha dovuto lavorare contro il suo contesto, cercando elementi di vita. La storia d'amore con Angela è un gancio nell'esistenza fondamentale che gli ha dato il coraggio di andare avanti", conclude.


Vinicio Marchioni e Gabriel Montesi in Ammazzare stanca. Autobiografia di un assassino - Foto Fabio Lovino
Il film, che arriverà nelle sale dal 4 dicembre distribuito da 01 Distribution, vanta nel cast: Gabriel Montesi, Vinicio Marchioni, Selene Caramazza, Andrea Fuorto, Thomas Trabacchi, Pier Giorgio Bellocchio, Francesco La Mantia, Vincenzo Zampa, Aglaia Mora, Cristiana Vaccaro, Enrico Salimbeni, Saverio Malara, Stefano Grillo, Giovanni Galati, con Rocco Papaleo nel ruolo di Don Peppino Pesce.