Dal 31 agosto, l’accordo che permetteva a Charter (seconda maggior realtà tra le tv via cavo, con 14,7 milioni di abbonati negli Stati Uniti) di distribuire tanti canali importanti della Disney (come ESPN, FX, Disney Channel) è arrivato alla conclusione e le due parti non hanno trovato un’intesa per proseguire, finendo quindi in una situazione di stallo e privando i consumatori di tanti prodotti importanti (film, serie, sport).

Per capire l’importanza di questo accordo, ricordiamo che Charter pagava a Disney 2,2 miliardi ogni anno per poter utilizzare questi canali. E la sospensione avviene in un momento in cui sta tornando il football americano, ossia il passatempo preferito del pubblico, che si tratti dei professionisti della NFL o dei giovani impegnati al college. Insomma, per stessa ammissione di Charter, è il maggior ‘blackout’ mai vissuto dalla società nella sua Storia. Da una parte, Charter vorrebbe delle forme di bundle più ‘snelle’ e che non costringano i propri abbonati a dover pagare anche per tutta una serie di canali di scarso valore (per esempio, ESPN News). D’altro canto, Disney vorrebbe invece aumentare le proprie entrate, contando sul fatto che ESPN è un canale talmente importante per i consumatori, da non poterne fare a meno per una realtà che è impegnata nella Tv via cavo.

Per andare avanti, Charter vorrebbe un accordo con Disney per un breve periodo, in modo da capire cosa succederà con ESPN, che ormai sappiamo dover passare interamente (e non nella versione con contenuti ridotti disponibile finora) allo streaming in tempi relativamente rapidi (e, quindi, non avrebbe senso strapagare il diritto di mostrarla agli abbonati, se poi gli stessi potranno affidarsi a un’offerta Direct To Consumer). Inoltre, Charter vorrebbe offrire il catalogo di Disney+ e Hulu ai consumatori senza costi supplementari, sulla base del fatto che tanti prodotti sono già offerti dai canali disponibili (come per esempio FX, che trasmette molte serie di Hulu).

Ora, va detto che, nonostante delle controversie come queste sono sempre accadute, con tanto di ‘spegnimento’ per qualche giorno di diversi canali all’interno dei pacchetti in vendita per il pubblico, questa è chiaramente una storia diversa. Non si discute infatti soltanto di soldi in più o in meno, ma di un sistema che, incredibilmente, ha continuato a far pagare agli abbonati sempre di più, nonostante l’interesse per questa forma di diffusione dei contenuti sia sempre più bassa. E Charter non dà l’impressione di bluffare, quando sostiene che – alle condizioni richieste da Disney – tanto vale non chiudere un accordo, visto che almeno potrebbe risparmiare qualcosa e offrire un prodotto meno costoso ai suoi consumatori. Insomma, Charter sembra pronta ad abbandonare il modello attuale della Tv via cavo e magari concentrarsi sulle altre fonti di reddito che ha, visto che Charter vive molto di più di abbonamenti mobile e di banda larga (su quest’ultimo fronte, è sopra i 30 milioni di abbonati), quindi.

La cosa buffa è che Bob Iger tempo fa era finito sotto accusa per le sue dichiarazioni sugli scioperanti, colpevoli secondo lui di avere delle richieste “non realistiche”. Eppure, dalle rivelazioni sulle trattative tra queste due società, scopriamo che Disney aveva chiesto 1,5 dollari in più ad abbonato per consentire a Charter di continuare a usufruire dei suoi canali. Insomma, i consumatori della Tv via cavo diminuiscono, ma Disney chiede più soldi, non esattamente una “richiesta realistica”.

E c’è anche un altro paradosso. Le stesse major che danno vita a servizi Direct to Consumer facili da disdire e senza bundle di decine di canali, cercano ancora di imporre tutta una serie di canali inutili e poco visti, da far pagare comunque per aumentare i profitti, a danno del consumatore. C’è quindi una concorrenza strampalata tra le piattaforme (che danno tanto prodotto di valore per un prezzo relativamente basso) e i pacchetti della Tv via cavo (che danno meno – e non tutto di alto livello – per un costo maggiore). Per capirci, se come detto Disney perderebbe 2,2 miliardi all’anno (che rappresentano il 14% dei propri ricavi annuali relativi alla tv via cavo americana), d’altro canto Charter ottiene 17 miliardi di ricavi annuali su questo fronte (ossia il 30% di tutte le sue entrate), anche se nell’ultimo trimestre ha perso il 7% dei ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. E Disney si troverà presto a dover sborsare una somma notevole (quasi sicuramente sopra i 10 miliardi di dollari) per rilevare da Comcast il 33% di Hulu e quindi detenere completamente questo servizio di streaming.

Si può permettere di rinunciare a questi 2,2 miliardi annuali? Molto probabilmente no. L’impressione alla fine è che vicende come questa potrebbero portare realtà come Charter a cercare altre forme di business, che non siano quelle piene di contenuti (e costosissime) della tradizionale tv via cavo. E quindi accelerare ancora di più per tutti il passaggio allo streaming. Tutto questo, ricordando che i ricavi della TV via cavo, anche se in declino, rappresentano ancora almeno il 40% dei ricavi delle major. Insomma, far quadrare i conti nel 2023 è sempre più complicato…