PHOTO
© 2025 Disney/Pixar. All Rights Reserved.
“L’intelligenza artificiale? Uno strumento. Ma i film li fanno gli esseri umani” dice Domee Shi, che insieme a Madeline Sharafian è alla regia di Elio, ventinovesimo lungometraggio Pixar nelle sale italiane da mercoledì 18 giugno. E non è semplicemente una frase a effetto: è la filosofia dello Studio che ha plasmato l’immaginario animato degli ultimi decenni. “I nostri film reggono alla prova del tempo perché sono delle metafore cariche di speranza” spiega la produttrice Mary Alice Drumm, ma è Sharafian a svelare quello che forse è il segreto della Pixar: “È l’ultimo studio d’animazione in cui si lavora nello stesso edificio, a volte gomito a gomito. È la vicinanza fisica a rendere vivi i nostri film”.
Un’ode al lavoro collettivo, insomma, che ben si sposa allo spirito di Elio, storia di un eccentrico bambino tanto fanatico dello spazio quanto a corto di connessioni umane: rimasto orfano di entrambi i genitori, passa il tempo a cercare un incontro ravvicinato del terzo tipo, cresce con la zia (militare impegnata in un progetto di decodifica dei messaggi alieni), non ha amici e viene bullizzato dai coetanei. Quando viene teletrasportato nel Comuniverso, organizzazione interplanetaria con rappresentanti di galassie lontane, Elio, identificato per errore come leader della Terra, deve affrontare la sfida della vita.
Progetto iniziato da Adrian Molina (co-regista di Coco), poi passato nelle mani di Shi (autrice di Red, premio Oscar per il corto Bao) e Sharafian (candidata dall’Academy per il corto La tana) per volere del direttore creativo Pixar Pete Docter (motivo ufficiale: spostamento su un “progetto prioritario”), Elio prova a invertire la rotta delle ultime storie originali Disney/Pixar (i flop di Elemental, Wish, Strange World) con un’avventura galattica legata alla tradizione della fantascienza americana. All’origine, dice Drumm, c’è “l’ossessione per gli alieni”, ma soprattutto “il dolore di quei bambini che sentono di non appartenere a nulla”, tema che toccava molto l’emotività di Molina.


“È una lettera d’amore a Steven Spielberg, John Carpenter, Ridley Scott – spiega Shi – e a film come E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo, a quel cinema degli anni Settanta e Ottanta in cui lo spazio era simbolo di speranza e curiosità”. Con Sharafian che aggiunge: “C’è anche un’evocazione thriller, penso a Alien o La cosa, con persone che diventano pazze seguendo gli alieni”. Un film post-pandemico, continua Shi: “È stato terapeutico, arrivavamo da un periodo in cui tutti ci sentivamo isolati e cercavamo dei legami. Sono cresciuta con film che mi davano conforto, mi auguro che Elio possa essere fonte d’intrattenimento e conforto per tanti bambini soli”.
Ma è anche la storia di adulti alle prese con le responsabilità dell’essere genitori: “L’intenzione era di offrire esempi positivi – dice Shi – attraverso figure che rivelano la propria intimità. Forse c’entra il mio background asiatico, questa esigenza di tirare su un muro per non farsi vedere fragili”. Le voci italiane sono di Andrea Fratoni (Elio), Alexander Gusev (Glordon), Lucio Corsi (ambasciatore Tegmen) e Neri Marcorè (il cameo del Manuale Universale dell’Utente), con i ruoli più corposi affidati ad Alessandra Mastronardi (Olga Solís, zia di Elio) e Adriano Giannini (il temibile Lord Grigon). Se per lui – attore navigato ma anche doppiatore di lungo corso – l’esperienza nell’animazione è “più faticosa delle altre” specialmente stavolta con un personaggio “posseduto invaso dall'ira”, per lei si tratta di una prima volta: “Il messaggio è che siamo unici ma non soli. È commovente come la Pixar riesca sempre a far sentire speciale ogni bambino e allo stesso tempo a parlare al bambino che sta dentro noi adulti”.