In un susseguirsi ininterrotto di opere liriche e massime fin troppo sagge, si srotola il lungometraggio Paralleli vocali di Rustam Khamdamov, presente al Lido di Venezia nella sezione "Orizzonti". Già apprezzato in passato da registi del calibro di Michelangelo Antonioni e Federico Fellini, il nostro conserva, soprattutto del secondo, il gusto per il grottesco e linguaggio dei volti e del corpo (più d'uno dei personaggi sembra uscito direttamente da Amarcord). Ma in realtà non è nè ai volti nè ai corpi bensì alle voci che il film fa riferimento. In quanto la splendida protagonista e sceneggiatrice Renata Litvinova ci ammonisce, anche in guepierre, sul rischio della perdita della memoria culturale. Attraverso le opere di Puccini, Verdi, Rossini, Schumann e Brahms, la Litvino, prima nei pressi di una colomba e poi di un'aquila minacciosa in cartapesta, ci spiega che tutto può essere comprato (persino la bellezza) e venduto, ma non le voci delle protagoniste che si esibiscono, talvolta recalcitranti, durante tutto il film. Scopriamo così che tra soprano e mezzo soprano non corre buon sangue, e che si può cantare anche abbracciate a una pecora o accarezzando un piccolo micio senza compromettere quel "dono" che può essere solo di Dio.  L'opera di Rustman Khamdamov piacerà senza dubbio ai melomani e a tutti coloro i quali ritengono che "benessere e buona educazione" sono, anche loro, fenomeni paralleli. E la salvaguardia della cultura può passare anche attraverso l'abbattimento del nemico a colpi di mele, come avviene in una delle scene più gustose del film.