Villa Touma è la residenza di tre sorelle facenti parte dell'aristocrazia cristiana di Ramallah. Tre donne sole convinte che il tempo si sia fermato e i privilegi dovuti alla loro classe di appartenenza siano ancora intatti. In verità nulla è più come prima, specialmente per quanto riguarda le loro esistenze solitarie, mai davvero sbocciate nonostante il potenziale di partenza. Ognuna di loro sogna gli anni e gli amori che furono: chi si strugge per il marito mai avuto, chi per quello morto, chi per un amore ostacolato causa differenze religiose. Tutte, nessuna esclusa, sopravvivono senza speranza e nel rimpianto.
Fossimo in un film di Lattuada, e il riferimento è ovviamente a Venga a prendere il caffè da noi, a spezzare l'equilibrio alla porta di Villa Touma busserebbe un funzionario statale, un insegnante in pensione, magari un aitante giardiniere, invece arriva una nipote cresciuta in collegio e palesemente poco avvezza al rigore. La lotta tra vecchio e nuovo è impari, il passato deve essere preservato a tutti i costi. Suha Arraf, già sceneggiatrice de La sposa siriana e Il giardino dei limoni, passando dietro la macchina da presa ha deciso di abbandonare i toni realistici dei lavori precedenti per addentrarsi nel melodramma. Una scelta singolare, forse non la più azzeccata. Se la sceneggiatrice è stata infatti perfettamente a proprio agio nel confrontarsi con la realtà, non altrettanto appare ora in veste di regista nel calpestare il terreno del genere. Il dramma ha un che di già visto. La metafora è troppo debole perché la storia contribuisca realmente a gettare una luce anche su vicende di attualità.
Però Arraf si rivela una potente direttrice di attori, nello specifico di attrici. Quattro volti intensi in grado di trasmettere forti emozioni e di far immaginare la vita a Villa Touma ben oltre il mostrato.