Se nelle foreste canadesi non è raro imbattersi nelle trappole per orsi, Vic e Flo, le protagoniste del film di Denis Coté in concorso alla Berlinale, sembrano mettere volontariamente i piedi in tutte. Vic (Pierrette Robitaille) è appena uscita di prigione, ha 61 anni ed è consumata dalla vita. Florence (Romane Bohringer) è più giovane e bella, ma non meno provata. Tutte e due sono vittime di una relazione disperata ma autoinflitta,  enfatizzata dall'isolamento della foresta.  Se si aggiunge l'assistente sociale gay, lo zio muto in sedia a rotelle e una scurrile paesana assetata di vendetta, il gioco è fatto e il film di Coté sconfina tra il surreale e il paranormale alla Lynch. Gli abitanti delle foreste nordamericane possono essere tipi assai particolari. O forse fantasmi. Grazie alle scelte di Coté la tensione è salva e funziona. 
Il regista colloca la storia (d'amore) tra una prigione e l'altra; dalla cella di un penitenziario all'isolamento nella natura. Ma se la solitudine è autoesclusione, le vie da percorrere verso la salvezza sono molto più intricate. Coté ha un debole per le prigioni. L'anno scorso sempre alla Berlinale ha presentato nella sezione Forum il lungometraggio Bestiaire, sugli animali di uno zoo. Bello e forte. I suoi Les États Nordiques (2005) e Curling (2010) hanno fatto il giro del mondo e vinto a Locarno i Pardi d'Oro e Argento al  miglior film e alla regia. Il nuovo Vic+Flo è uno psico-thriller ruvido, affascinante e decisamente non per tutti.