Pubblichiamo un estratto da La necessità di morire. Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro di Tomaso Subini, pubblicato dalle Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo (2007). Clicca qui per scoprire come leggerlo


Che il tentativo di Pasolini di ritornare alle origini del proprio cinema, denunciato dalla novella di Ciappelletto, sia disperato e destinato a fallire è suggerito dai film che seguono Il Decameron. In particolare, ci pare significativa l’irruzione all’interno dell’orizzonte mitico di matrice cristiana, su cui Pasolini ha fondato gran parte della sua opera, di due archetipi altrettanto mitici: il Diavolo e l’Inferno.

Il primo, come ha sottolineato Siti, scomparso negli anni ’40, torna nel 1974 a visitare l’opera pasoliniana. Nelle correzioni a San Paolo, la variante più significativa è appunto l’introduzione del Demonio, che aiuta il santo a fondare la Chiesa; nella sceneggiatura intitolata L’histoire du soldat, il Capo della Televisione (quello che insegna a leggere a Ninetto) si rivela essere il Diavolo.

Il secondo, oltre ad essere direttamente rappresentato ne I racconti di Canterbury (1972), è alluso dalla prospettiva dantesca attraverso cui Pasolini rilegge Les 120 journées de Sodomie, strutturate in un Antinferno e tre Gironi infernali. Parallelamente alla preminenza accordata a Diavolo e Inferno, si assiste alla progressiva scomparsa del Paradiso. Quasi tutti gli eroi pasoliniani, a partire naturalmente dal Cristo de Il Vangelo secondo Matteo, hanno un loro, più o meno rozzo, Paradiso cui anelare.

Franco Citti in Il Decameron
Franco Citti in Il Decameron

Franco Citti in Il Decameron

Accattone lo invoca in sogno e dà segno di esservi prossimo esclamando in punto di morte «Mo’ sto bene»; Ettore, morendo come un povero Cristo, non può che trovarvi posto; Stracci se lo conquista, in croce, nei panni del ladrone buono; Frate Ninetto lo sogna come se fosse «dipinto da Giotto». C’è infine un Paradiso sia per le due marionette di Che cosa sono le nuvole?, sia per la santa Emilia di Teorema, sia per Medea che, riconciliatasi con il Dio Sole, non potrà che ascendere al cielo sul suo carro.

Il venir meno del Paradiso emerge con grande evidenza dall’accostamento delle diverse stesure di Porno-Teo-Kolossal che impegna Pasolini dal 1967 al 1975. Secondo una testimonianza di Sergio Citti, l’idea iniziale di Porno- Teo-Kolossal risale al periodo di lavorazione de La terra vista dalla luna (novembre 1966), quando Dino De Laurentiis propose a Pasolini uno spettacolo per la televisione americana sul Natale. Nella primavera del 1967 è segnalato tra le locandine degli spettacoli della compagnia di burattini di Che cosa sono le nuvole?: sulla riproduzione del Filippo IV di Velasquez sono annunciate per il giorno dopo Le avventure di Re Magio randagio e il suo schiavetto Schiaffo.

Nel 1968, per sdebitarsi con Giulia Maria Crespi che gli aveva concesso per le sequenze contadine di Teorema di utilizzare la proprietà di famiglia presso Zelata e che ora gli chiedeva di scrivere un testo che i suoi figli potessero recitare in occasione del Natale, Pasolini recupera la storia del “Re Magio randagio”. Questi, nel corso del viaggio intrapreso col suo servo per andare a rendere omaggio al Salvatore, incontra sulla strada morti di guerra da sotterrare, ignudi da vestire, affamati e assetati da sfamare e dissetare, malati da guarire, per scoprire, giunto al presepio su cui la stella si è posata, che tutto è già finito: «Il Re dei Re, è nato, è cresciuto, e se n’è andato: forse è già morto in croce». L’epilogo è tuttavia positivo: il Re Magio, morto per la disperazione, viene condotto in Paradiso dal suo servo, rivelatosi un angelo.

Pasolini torna sul progetto nel 1973 scrivendo un breve trattamento intitolato Il cinema. Il Re Magio si incammina al seguito della stella, sennonché «per strada gliene capitano tante che quando arriva sul Luogo, non solo il Messia è nato, ma ha trascorso la vita ed è morto, fondando una religione a sua volta finita». Tuttavia, anche qui il Re Magio si è guadagnato il Paradiso: “Il servo burbero e rozzo e incosciente, che ha accompagnato il Re Mago, in punto di morte si rivela: egli è un Angelo, e prende per mano il Re Mago per portarlo nel Paradiso che egli si è comunque meritato. Ma il paradiso non c’è. I due si voltano indietro come la Figlia di Lot, e restano di sale”. (P.P. Pasolini, Lettera a Giulia Maria Crespi)

La data della sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal, o meglio della sua dettatura al registratore, si colloca certamente in prossimità della lettera che Pasolini invia, il 24 settembre 1975, ad Eduardo De Filippo, proponendogli il ruolo del Re Magio.

Riccardo Scamarcio e Ninetto Davoli: Porno-Teo-Kolossal secondo Pasolini di Abel Ferrara
Riccardo Scamarcio e Ninetto Davoli: Porno-Teo-Kolossal secondo Pasolini di Abel Ferrara

Riccardo Scamarcio e Ninetto Davoli: Porno-Teo-Kolossal secondo Pasolini di Abel Ferrara

Nei progetti di Pasolini, il film avrebbe dovuto entrare in lavorazione subito dopo Salò. Rispetto alla versione del 1968 e a quella del 1973, rimane invariata la cornice della storia. Risulta invece molto più complessa l’elaborazione dei contenuti della “realtà” che Epifanio e Nunzio (sono questi i nomi assegnati rispettivamente al Re Magio e al suo servo) scoprono al di là dei falsi fini ideologici che li hanno spinti al viaggio. Dopo molte peripezie, Epifanio e Nunzio giungono comunque a destinazione, ma nella grotta del presepio non trovano che «qualche cagata secca. Ecco tutto quello che c’è, illuminato dalla luce violentissima della Cometa». È così che, per il dolore, Epifanio muore.

Ma qui si ha un colpo di scena. Ecco che dal corpo di Nunzio si stacca la figura di un altro Nunzio: un Angelo, un vero e proprio Angelo del Signore. Raggiante, egli si avvicina al cadavere di Epifanio, e lo prende per mano. Anche dalla figura morta di Epifanio si stacca la figura di un altro Epifanio, la sua Anima. È elegantissimo, tutto in bianco, con la paglietta, la bagolina e il fiore all’occhiello. Nunzio gli fa l’occhietto e tenendolo sempre per mano, gli fa: “Namo, omo de bona volontà!” e, cantando e ballando, lo guida su, per la strada dei Cieli.

I due cominciano a salire, sennonché non trovano quel che cercano. Rispetto al soggetto di due anni prima, l’amarezza della disillusione è ulteriormente acuita. Il Re Magio del 1973 scopriva l’inesistenza del Paradiso, quello del 1975 scopre invece che il Paradiso, un tempo esistente, ora non c’è più. «Nunzio si guarda inquietamente intorno, nelle altezze vertiginose del cosmo, come cercando di orizzontarsi. “Eppure stava qua”».