Il geologo Jose Renato, protagonista di Viajo porque preciso, volto porque te amo (regia del duo brasiliano Marcelo Gomes e Karim Ainouz, già esordienti con lode rispettivamente a Cannes 2005 e 2002), non lo si vede mai. Lo si può solo ascoltare. Seguirne le frasi pronunciate in una sorta di soggettiva illimitata ai confini dello spazio (il Sertao brasiliano) e del tempo (un countdown fittizio di giorni che dovrebbero mancare al supposto ritorno). Perché Jose Renato viaggia su un automobile e inquadra (digitale forzatamente sgranato) gli esterni che sfiora con gli occhi, i contorni di uno sguardo che va alla vana ricerca della sorpresa. A volte l'uomo si ferma, a volte scatta un'istantanea fotografica, a volte annusa animalescamente l'aria. Percorre un tragitto che verrà, disegna una traiettoria economico-industriale che sarà da costruire: un enorme canale di svio delle acque a partire dall'abbondante quantità di acqua che, invece, possiede il grande fiume della regione. Ciò porterà a sfratti ed espropriazioni per famiglie contadine che su quei terreni vi abitano, ma anche prosperità per altri nuclei di contadini che dall'acqua non venivano raggiunti. Clausola "politica" sufficiente per imbastire una trama. Serve poi la funzione dello smarrimento di Jose, di fronte ad un abbandono subito (pare che la colpevole fuggita sia una bella biologa) per creare l'ordito poetico. Il tessuto che ne deriva è l'elaborazione interiore di una perdita tradotta in frammenti raccolti per caso o per necessità su strade polverose, luoghi poveri, fondali alla fine del mondo, dove il suono di una fisarmonica e il calore di una prostituta possono alleviare momentaneamente il dolore intimo dell'amore smarrito. Perché Jose, che studia le rocce, le pietre, le superfici dure e immutabili per milioni di anni, è destinato a vagabondare tra i deserti di terra, di sabbia e di fragilità dell'anima.