Estate, che fare? Non più bambini, non ancora ragazzi, Zak (Zacharie Chasseriaud) e Seth (Martin Nissen) si ritrovano soli e senza soldi nella loro casa di campagna. Insomma, la noia è all'orizzonte, ma dietro l'angolo spunta Dany (Paul Bartel), un altro adolescente della zona, e l'avventura può iniziare. Stile neo-punk: canna in bocca, capelli ossigenati, pusher che ti “rubano” casa e lucrano, altre case da occupare come squatter in erba e, per i due fratelli, non un padre, ma una madre da “uccidere” per crescere. Forse.
Dopo Ultranova (2005) ed Eldorado (2008), torna alla regia un faccione che conosciamo bene, per averlo visto nei film di Kervern e Delepine, nonché in Kill Me Please, Niente da dichiarare? e Un sapore di ruggine e ossa: il belga Bouli Lanners, che firma l'opera terza Un'estate da giganti.
Intercettando e spezzando le rette del romanzo di formazione, l'attore classe '65 guarda a Huck Finn e i giovani arrabbiati anglo-americani (da La rabbia giovane a Sweet Sixteen), ci sussurra  il para-country dei The Bony King of Nowhere, che firmano la colonna sonora, e ci tuffa anima e corpo - bella la fotografia bucolica e neoromantica - in un natura, diremmo, piacevolmente retrò, tra boschi, fiumi - buoni per gettarci il cellulare - e campi di granturco in cui seminare la polizia…
Premiato all'ultima Quinzaine di Cannes, Un'estate da giganti prende per mano tre piccoli senza tetto né legge sedotti, malmenati e abbandonati dal mondo degli adulti: non un film inedito, ma sincero, fresco e accessibile, che tra tentativi di trasgressione e aneliti libertari canta le lodi dell'amicizia. Come dargli contro? Per dirla con Califano - e prima con Michel Fugain - Un'estate da giganti capitò Un'estate fa: “Un'estate fa la storia di noi due / era un po' come una favola / ma l'estate va e porta via con sé / anche il meglio delle favole”. Dunque, un romanzo di formazione tenero e selvaggio, dal cuore indie.