Brutta storia per un prete amare le donne, ma ancora peggio tornare a una vita normale, lontano dalla canonica e in seno alla famiglia, con mamma manesca, sorella fuggita e cognato cornuto che accompagnano la dipartita dal club del clergyman. Meglio, allora, andare volontariamente al confino, in un vecchio faro in riva al mare. Ma il desiderio di solitudine e introspezione dell'ex pretino viene presto frustrato dal naturale comporsi di una strana comune che cambierà, stavolta davvero, la sua vita.
Dopo Basilicata Coast to Coast, raro esempio di “sleeper” italiano, Rocco Papaleo si cimenta nella sua seconda opera dietro, e anche davanti, la macchina da presa. Un altro film corale, con una nuova armata “Papaleone” dagli altisonanti nomi, da Riccardo Scamarcio a Barbora Bobulova, e ambizioni giustamente più elevate rispetto al fortunato esordio. Purtroppo gli alti obiettivi tarpano le ali a un film dal plot intrigante, ma faticoso, ripetitivo, e che osa meno di quanto avrebbe potuto. Un peccato, perché l'insieme è intrigante e l'ambientazione pugliese in Sardegna (potenza delle Film Commission) riempie da sola gli occhi e il cuore. Sarebbe bastato un pizzico di gioiosa anarchia in più, quella che pervade la pellicola nei suoi momenti migliori, grazie alla poesia di Giovanni Esposito, ristrutturatore circense, e ai duetti Papaleo – Scamarcio, quest'ultimo forse nella sua migliore interpretazione.
Una piccola impresa meridionale vorrebbe essere un ottimista manifesto dell'Italia che ha ancora voglia di sognare ed essere migliore, e in buona parte ci riesce, nonostante un paio di ingenuità che vanno ben oltre l'ottimismo a tutti i costi. Purtroppo non riesce a essere un'opera cinematograficamente compiuta, a cui avrebbero giovato dei tempi più sincopati, davvero jazz come avrebbe voluto Papaleo senza tenere il ritmo, e una sceneggiatura più asciutta. Ma sono pecche su cui si riesce anche a passar sopra, perché alla fine del film ci si sente bene, e talvolta basta questo.