Dopo il planetario successo ottenuto con Il favoloso mondo di Amélie, Jean-Pierre Jeunet torna a dirigere Audrey Tautou in questa ambiziosa trasposizione del romanzo omonimo di Sebastien Japrisot. L'adattamento di Una lunga domenica di passioni, curato insieme a Guillaume Laurant (già cosceneggiatore di Amélie), conferma ancora una volta l'innegabile dote di Jeunet nel saper raccontare per immagini quello che la penna non sempre può far vedere: la macchina da presa si muove con eleganza, le carrellate all'indietro disvelano luoghi e volti indimenticabili e l'utilizzo di una narrazione ad incastro rende sempre intrigante il racconto. Una giovane ragazza francese, Mathilde (costretta alla zoppia sin dall'infanzia ed impersonata dalla Tautou con grazia), nel 1920 inizia un'impossibile ricerca per ritrovare il fidanzato Manech (Gaspard Ulliel), tre anni prima condannato a morte dalla Corte Marziale insieme ad altri quattro soldati e poi abbandonato nella terra di nessuno, tra le trincee francesi e tedesche. Ufficialmente il ragazzo è morto, ma lei - mossa da testardaggine e spirito indomabili - cerca ugualmente di mettersi sulle sue tracce. Attraverso i ricordi (alcuni vissuti direttamente, altri per vie traverse) delle persone che riuscirà ad avvicinare, la giovane campagnola verrà a conoscenza degli orrori della guerra, ma non smetterà mai di sperare... Pellicola d'indubbio fascino, non riesce però a nascondere una leggera furbizia di fondo: la netta dicotomia tra splendida storia d'amore e miserevoli vicende della guerra, l'esasperata ricercatezza estetico formale che sfiora il manierismo e alcuni tramonti da cartolina rischiano di vanificare quanto di buono proposto, dalla ricostruzione dell'intreccio all'interpretazione generale, questi sì davvero convincenti. Due piccole curiosità: l'attore Dominique Pinon (nel film è Sylvain, lo zio di Mathilde) è presente in tutti e cinque i lavori finora diretti da Jeunet, mentre il compositore Angelo Badalamenti torna a collaborare con il regista dopo quasi dieci anni (La città dei bambini perduti).