Chi non conosce la storia del più grande suicidio di massa della storia, dovrebbe vedere Jonestown: the life and death of People's Temple, il documentario che ripercorre ascesa e declino (e fine) della setta creata negli anni '70 dal reverendo Jim Jones, personalità carismatica, propugnatore di una specie di socialismo apostolico. Egli diede vita a una delle più grandi congregazioni religiose americane: il Tempio del Popolo. Come andò a finire è cronaca: il 18 novembre 1978, dopo l'uccisione di cinque membri di una delegazione statunitense tra cui il governatore Leo Ryan (incaricati di indagare su presunte violenze perpetrate all'interno del movimento) 912 persone, seguaci della congregazione, si suicidarono in massa nella loro comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un cocktail al cianuro, seguendo gli ordini del folle predicatore.
A questi fatti s'ispira il finto reportage realizzato da Ti West (qui coadiuvato da Eli Roth, produttore), The Sacrament, in cui due reporter indipendenti - uno speaker e un cameraman - indagano sui misteri di una congregazione creata nel bel mezzo della giungla (il film è girato in Cile). L'obiettivo è rintracciare la sorella di un loro comune amico - anche lui della spedizione - forse manipolata dal guru della setta, un uomo grasso, alto e dalle spalle strette, che nasconde gli occhi dietro un paio d'occhiali scuri e si fa chiamare "The Father".
L'arrivo dei tre in questa sorte di "comune" segue il copione della fraterna accoglienza ma presto le cose si mostrano diverse da ciò che appaiono.
Diretto con la tecnica del found-footage, dal ritmo discretamente energico, e impreziosito dall'inquietante performance di Gene Jones nella parte del predicatore matto (sì, l'attore si chiama proprio così: Jones...), è un thriller che, come dichiara la didascalia finale, non ha altra finalità se non quella di documentare oggettivamente dei fatti. Ovviamente, trattandosi di cinema, non è così. Più che altro ogni ripresa viene giustificata narrativamente dall'uso che i vari personaggi coinvolti fanno della mdp, come se il materiale a disposizione fosse emanazione diretta del loro girato. Non sempre il giochino riesce, ma è più sofisticato che in altre operazioni dello stesso tipo.
L'approccio fintamente oggettivo finisce tuttavia per ragalare ai margini ogni altro interesse per la vicenda, da quello psicologico (la manipolazione sui membri della setta) a quello più storico/culturale (la superstizione della società americana).
The Sacramant resta così un generico grido d'allarme contro il fanatismo religioso e le dinamiche dei movimenti chiusi, affidato a un registro horror di buona fattura.
Chi ha però visto Jonestown: the life and death of People's Temple potrebbe sperimentare un deja-vu. Con una differenza sostanziale: la realtà è sempre più inquietante della finzione.