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Changez (Riz Ahmed) si racconta a un giornalista americano, Bobby (Liev Schreiber), a Lahore, Pakistan. E si racconta 10 anni dopo l'11 settembre, il punto di rottura tra il suo sogno americano e il richiamo del Pakistan, tra famiglia e tradizioni. Tratto dal bestseller omonimo di Mohsin Hamid, The Reluctant Fundamentalist è diretto dall'indiana Mira Nair, e apre oggi fuori concorso la 69. Mostra di Venezia.
A grandi linee, un thriller politico-sentimentale, appoggiato sulle spalle dell'ottimo Ahmed, rapper e attore anglo-pachistano: giovane e brillante, il suo Changez brilla a Princeton, poi splende a Wall Street, infine, si innamora della bella e facoltosa Erica (Kate Hudson). Davvero un sogno, finché gli aerei che entrano nelle Torri Gemelle - visti alla tv mentre si trova nelle Filippine per lavoro - non lo trasformano in incubo, denso di interrogativi esistenziali: da che parte sto e, ancora, chi sono? E' la sopraggiunta fobia anti-islamica a scegliere per lui: Changez è costretto a ritornare in Pakistan, dove abbraccia la carriera universitaria e - parrebbe - simpatizza con i fondamentalisti. Un professore americano viene rapito, forse Changez ne sa qualcosa, comunque, davanti al registratore di Bobby si racconta, chiedendo ascolto “dall'inizio alla fine, senza interruzioni”.
A inizio 2013 nelle nostre sale con Eagle, The Reluctant Fundamentalist è fedele espressione del cinema di Mira Nair, già Leone d'Oro nel 2001 con Monsoon Wedding e al Lido per la quinta volta: cinema solido, votato a uno spettacolo pensante, senza picchi di regia, ma ben strutturato, ben confezionato, con particolare attenzione alla direzione degli attori - bravi tutti, da Ahmed al suo capo a WS Kiefer Sutherland - e gusto musicale (melodie pachistane vecchie e nuove, soundtrack di Michael Andrews). E solido è anche l'appiglio, filtrato ovviamente dalle pagine di Hamid, allo scenario geopolitico attuale, quello di un post 9/11 senza fine: il dilemma e la dialettica interiore di Changez, capaci di interrogare un pubblico globale, già a partire dalle location a Lahore, Dehli, Istanbul, New York a Atlanta. Soprattutto, la regista non ha fretta, dipana i rovelli di Changez con calma e ampiezza, affidandone il decisivo controcanto a Erica, vera cartina di tornasole emotiva e emozionale del film. E' il feminine touch, pregevole, idiosincratico trademark della Nair. Non si può chiederle di più, anzi, proprio il titolo Il fondamentalista riluttante dice bene della sua poetica: non una contraddizione, in realtà, ma la “giusta” via di mezzo tra autorialità e consumo. Forse, nelle parole di Changez, "il sogno pachistano".